6th Ago, 2014

Sergio Andreatta, CAMILLA, 50anni di missione. Due pagine del libro.

Mi è stato chiesto di anticipare alcuni stralci del libro di 402 pagine appena scritto e non ancora pubblicato. In queste due pagine siamo ancora nei preliminari (pag. 12 e 14), prima che – già nell’Introduzione – io dia inizio al romanzo missionario vero e proprio. Prossimamente, per la gioia dei suoi molti estimatori, pubblicherò anche la bellissima Prefazione di P. Giulio Albanese di “Popoli e Missione”.

C’è un papa, dalla parte dei poveri, venuto dalla periferia del mondo a scuotere le fondamenta di una cristianità che, nel mondo occidentale, si era un po’  cristallizzata sulla deviazione dei privilegi, più che sulla essenzialità del messaggio evangelico e sulla condivisione dei suoi valori primigeni. Tra tante piccole anime grigie trascinate dalla caduta dei tempi e dei principi, a contrasto del fatalismo, si muovono, e non da oggi, per le vie del mondo i Missionari perché la missione di annunciare il Vangelo, come ha ricordato papa Francesco, “non comincia dal centro ma dalle periferie. Esattamente come fece Gesù che iniziò a predicare non da Gerusalemme, ma dalla Galilea. E scelse tra i suoi discepoli gente umile e non i dottori della legge”*. Ma ogni annuncio è paradossalmente contrastato, il volo delle colombe lanciate dal balcone del palazzo apostolico incontra subito l’attacco del corvo e l’aggressività del gabbiano. Da 140 anni i Comboniani condividono le miserie degli ultimi tentando di risollevarli con le loro buone azioni. Un vangelo vissuto più che solo proclamato. E’ la Chiesa Missionaria. “CAMILLA50anni di missione” non può che essere la storia di una lunga fedeltà.

 * (Angelus del 26.01.2014)

wpit88x31

 NOTA BIOGRAFICA

 

Dal libro: Sergio Andreatta, CAMILLA, Una Missionaria, in via di edizione.

 

Bertilla (Camilla) Andreatta, missionaria comboniana, nasce in un Borgo dell’Agro Pontino, il 16.12.1939 da genitori veneti della Marca Trevigiana, pionieri della Bonifica integrale pontina. Vive i suoi primi ventitré anni nel podere 769 dell’ O.N.C. dove, appena qualche giorno dopo lo sbarco di Anzio, si era insediato il Comando Alleato. Suo padre è un versatile imprenditore e suona per passione diversi strumenti musicali. Lei ama il canto e il ballo e appartarsi in un cantone della casa colonica per le sue appassionanti letture. Fin da piccola frequenta con assiduità le attività della Chiesa di S. Francesco d’Assisi, partecipa all’Azione Cattolica fino a diventarne, per la qualità dell’impegno, la presidente. A diciasette anni e mezzo la tragedia, la famiglia è sbalestrata dalla morte del padre Giulio Camillo per una misteriosa caduta dalla moto mentre si reca alla seduta del Consiglio Comunale di Latina. La disgrazia sovverte i destini della famiglia: Fanny s’incista nel suo dramma fino ad ammalarsi, le spalle di Bertilla non reggono da sole il peso del fardello piombatole addosso, Ambrogio è costretto a lasciare gli studi e a mettersi a lavorare, e io, Sergio, dopo le elementari vengo mandato a studiare dai preti. Intanto a Borgo Bainsizza viene terminata la costruzione della scuola materna che il Comune affida in gestione alle Suore Francescane Missionarie del S. Cuore. Nella civiltà contadina degli anni ’60, queste favoriscono l’emancipazione della donna e con le loro attività esercitano un grande fascino sulle adolescenti locali, tanto che ben sei amiche di Bertilla, una dietro l’altra e forse suggestionandosi a vicenda, entrano in convento e così anche lei si ritrova indecisa su quale indirizzo dare alla sua vita. L’elaborazione del lutto paterno la induce via via a pensare a qualcosa di meno effimero della mera quotidianità e a rivolgere i suoi pensieri a Dio-sicurezza. Sono i semi, ancora indistinti e contraddittori, di una insorgente vocazione religiosa. Sperimenta il fidanzamento e il lavoro in fabbrica ad Aprilia ma entra in profonda crisi esistenziale durante una malattia e comincia a pensare di farsi missionaria. Prende contatti con Sr. Gabriella, una comboniana del lebbrosario di Alito in Uganda, casualmente conosciuta attraverso un servizio di Famiglia Cristiana, che la convince a sondarsi più a fondo e a partire per il postulandato delle Pie Madri della Nigrizia di Verona. La congregazione era stata fondata nel 1872 dal vescovo Daniele Comboni con l’idea di rigenerare e “Salvare l’Africa con l’Africa”. Seguono gli anni della formazione e, quindi, la professione religiosa il 29.09.1965 durante la quale, in memoria del padre, assume il nome di Camilla. Dopo qualche anno di studio, i primi quattro di missione sugli Altipiani dell’Eritrea, dove insegna al Santa Famiglia di Asmara e non appena può va a propagandare la fede tra le tribù indigene. Atterra in Ecuador la prima volta nel 1972. Qui continua, ancora oggi e malgrado l’età, a lavorare con buona lena. Salvo due parentesi, la prima a Città del Messico, per quattro anni dirigente della delegazione, e la seconda a Roma per otto, come procuratrice generale, opera con continuità nella sua terra di elezione. Lavora con grande impegno in varie missioni, dall’isola di Limones nel Pacifico, a Sigchos sulle Ande del Cotopaxi, a San Lorenzo del Pailon sulla Costa e, ormai da tanti anni con continuità, nella missione di Esmeraldas nel campo dell’educazione (prima donna responsabile della pastorale educativa del Vicariato apostolico) e della sanità (direzione del Centro de Especialidades “M.Anastasia”, presso la Catedral “Cristo Rey”). Porta avanti numerosi progetti di promozione umana, di sviluppo della condizione femminile, di sostegno all’educazione dei niños e di assistenza ai malati. Nel suo impegno è sostenuta da una estesa rete di solidarietà di tanti italiani che la patrocinano nei progetti “Educamy”, “Hogar Campesino”, “Vaso rotto”, “Tenìa hambre” ed altri. In questo libro, quasi un romanzo biografico, c’è la sua storia non lineare ma interiormente sempre combattuta, perché la semplice linearità non esiste nei fatti o se esiste è solo un artificio. La verità spirituale cammina sempre verticalmente, orizzontalmente invece la verosimiglianza degli scenari descritti. Le situazioni sono vere, le persone in carne e ossa, gli aneddoti curiosi tanti. Siamo sulla costa del Pacifico in Ecuador, al confine settentrionale con la Colombia, in mezzo a un crogiolo di etnie, di culture e di problemi. Qui la povertà è sottosviluppo, fame, analfabetismo, malattia e morte, spesso conseguente ad atti di violenza criminale. L’etnia prevalente è quella degli afrodiscendenti per cui è naturale pensare ad Esmeraldas come a un “cuore d’Africa”. La storia vuole che cinque secoli fa i progenitori approdassero su questa costa, nei pressi della foce dell’omonimo fiume, su un galeone spagnolo andato in avaria. Per un colpo di fortuna quegli africani strappati al loro villaggio in Guinea seppero spezzare le catene della loro schiavitù. In fuga si addentrarono nella foresta sfuggendo alla grettezza di quelle mani che erano andate ad abbrancarli, fieri di riguadagnarsi così la libertà e moltiplicandosi di generazione in generazione fino a diventare un popolo. Nessuno di noi ha la capacità di rivoluzionare un mondo da solo, ma ognuno può tentare di migliorarlo un po’ con le sue azioni, ed è quello che ha tentato di fare Madre Camilla nel piccolo mondo di Esmeraldas.   Sergio Andreatta, CAMILLA, 50anni di missione, (Biografia e dintorni), ppgg.12-14.

I Commenti sono chiusi.

Categorie