16th Dic, 2017

Giorgio Bozza, Camminare nella propria anima, agganciando l’aratro a una stella

Giorgio Bozza

Camminare nella propria anima 
agganciando l’aratro a una stella

Proget Edizioni, Padova 2017

 

Agganciare l’aratro a una stella, come è possibile? Eppure c’è chi prova a rispondere a questa domanda. E’ l’autore del libretto, o meglio dell’agile opuscolo di sole 77 pagine, pervenutomi in omaggio. E mi son dato subito a sfogliarlo e poi a leggerlo senza ripensamenti, incuriosito dalla nuova avventura letteraria dell’autore che ben conosco e mi son bastati per farlo i due tempi silenziati della partita di calcio in diretta Napoli-Fiorentina.

Un sacerdote diocesano di Padova, parroco a Ronchi di Casalserugo, anche docente di Teologia morale presso la Facoltà di Teologia del Triveneto ne è l‘autore. Sì, lo conosco bene Giorgio Bozza e mi considero anche un suo amico perché durante tutto il periodo dei trascorsi universitari a Roma, ospite dell’Ist. Lombardo, lui veniva a trascorrere ogni fine settimana da noi, a Santa Chiara di Latina, dove si affiancava al parroco nei servizi religiosi. Un sacerdotello semplice e scherzoso che sa riversare la sua particolare empatia sui bambini e sui i ragazzi, insomma uno a loro particolarmente simpatico e capace di promuovere animazione e relazioni. “Camminare, percorrere le nostre intimità. Camminare dentro i nostri sentimenti, ascoltare quello che c’è dentro di noi”.

Giorgio Bozza, libro 2017, Camminare-nella-propria-anima

Questo l’incipit, indubbiamente un bel proposito per come noi siamo sopraffatti nel nostro agire da tanti stimoli. E così bisognerebbe uscire, questo è il pressante invito, da questa “territà” per scoprire negli altri la nostra stella. “Agganciare il proprio aratro a una stella ci riporta a un movimento interiore”.

Un libro per muovere e promuovere, una raccolta di dieci piccole storie in uno stile scarno che di più non si potrebbe. Sono le piccole storie dell’antropologia quotidiana di chi ti scorre accanto. Storie di disamoramento, di smarrimento, di sfiducia nella vita, di depressione, di disperazione, di disoccupazione, di persone salvate solo all’ultimo da un barlume di speranza ritrovato in una pedagogia – più che in una teologia – della salvezza. Insomma siamo uomini, sotto lo stesso cielo stellato e con la condivisione di problemi e speranze possiamo anche farcela.

Ce la farà Erika, studentessa di 17 anni, sedotta e abbandonata da Luca. Ce la farà Simone a ritrovare se stesso e tutti gli altri che si trovano a navigare in una gran tempesta di pensieri e sentimenti. E sono spesso gli occhi dei bambini ad aiutare o le porte aperte delle chiese ad attirare come calamite dentro la loro luminosità. In un sacerdote, così ben formato, poteva forse mancare la teologia morale e la riscoperta del cordone ombelicale che ci tiene, più o meno coscientemente, legati al Vangelo incontrato nell’infanzia e poi, chissà perché, smarrito?  Nel semplice presepe il bambinello mette in moto tutti gli automatismi davanti a una casa diroccata che porta la scritta “AMATRICE” e ti riporta all’origine dell’amore per cui sei nato e per cui hai fatto nascere i tuoi figli genetici o spirituali.

Nessun caso è trascurato, nessuna età dell’uomo si vorrebbe, neanche quella più anziana, c’è sempre una luce in ogni tunnel e nell’autore un desiderio dichiarato di restaurare i ruderi dell’esistenza. Questo è Natale! Tutta l’Umanità ha bisogno di un bacio e “chi è il sacerdote – s’interroga nell’ultima pagina l’autore – se non un uomo, scelto da Dio, per essere mandato a testimoniare con la sua vita e con i suoi gesti questo Bacio che Dio dà continuamente ai suoi figli!” Penso purtroppo ai tanti sacerdoti-giuda che finiscono in scandalose cronache giudiziarie ma anche ai più dalle condotte esemplari e auguro sinceramente a don Giorgio che non venga mai ad affievolirsi il suo grande slancio vocazionale.  Sergio Andreatta, Riproduzione Riservata, www.andreatta.it

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