8th Ott, 2011

Picinisco. A Sebastiano Vassalli il Premio Europeo di narrativa “Giustino Ferri – D. H. Lawrence”

Picinisco. A Sebastiano Vassalli il Premio Europeo di narrativa “Giustino Ferri – D. H. Lawrence” (IX Edizione).

di Sergio Andreatta (568)              wpit88x31

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PICINISCO, piccolo paese chiuso aperto all’ospitalità dall’antica abitudine all’emigrazione. Terra di partenza dei disperati, terra di ritorno dei fortunati che sullo sperone roccioso della loro radice esibiscono la casa del loro nuovo status sociale. Picinisco la cui più accreditabile etimologia (nelle sue varianti), sovra ogni altra suggestivamente ipotizzata, si deve solo al significato della sua denominazione topografica per “piccolo villaggio”. Picinisco, terra amata da pastori, ambientalisti e letterati, da chi si dà all’otium e da me. (Sergio Andreatta)   ______________________________________

Sono uno di quelli che non hanno mai capito (pur avendo fatto parte della giuria de Il Tascabile Latina, de Il Premio Circe di Sabaudia e altri) a cosa servano veramente i premi letterari, se a dirigere un riflesso di specchio su qualcuno o a distribuire un po’ di denari a un altro che per campare fa lo scrittore, mestiere non dei meglio retribuiti oggi e che in troppi sfacciatamente si piccano di saper fare, tra cui qualcuno che non sembra aver ancora imparato a leggere. E lo si capisce bene, questo, da come scrive, senza ritmo e senza quella musicalità intrinseca che io presuppongo debba esistere all’interno dell’orecchio di ogni buon scrittore. Come me non lo ha mai capito neanche Paul Léautaud che nelle sue Conversazioni con Robert Mallet, è arrivato a dire che: “Uno scrittore che riceve un premio letterario è disonorato”. Qualche secolo prima ci aveva già pensato Miguel de Cervantes che tra i consigli di Don Chisciotte a Don Lorenzo mette questo: “Se si tratta (…) di una gara letteraria, cerchi d’avere il secondo premio perché il primo si dà sempre al favore o alla condizione sociale che gode la persona, e il secondo non s’ottiene che per giusto merito”. No, non l’ho mai capito se serve a irraggiare qualcuno o qualcosa – quelli cosidetti più importanti sono premi manipolati, come è risaputo, dalle stesse Case editrici che pensano, in virtù della fascetta che andrà a cingere la copertina, di incrementare gli interessi commerciali di vendita – ma assisto puntualmente a dei riti di sacramentale letteratura che con regolare cadenza si celebrano. Stamattina, qui a Picinisco, si celebra la IX Edizione del Premio Europeo di Narrativa “Giustino Ferri – David Herbert Lawrence” (foto 1). Il Premio assume il nome da un noto giornalista e autore locale Giustino Ferri, tra l’altro autore del romanzo “La Camminante”, e dal celebre D.H. Lawrence che a Picinisco approdò e soggiornò per motivi personali, accompagnato da Frida, nell’inverno del 1919/’20, come ebbe a riscoprire una quarantina d’anni fa – una volta persa la memoria che consapevole in merito forse non era mai stata – nell’elaborazione della sua tesi di laurea in lingue e letterature straniere la prof. Rosamaria Pirri, portando qui a compimento il libro lasciato in sospeso “The lost girl / La ragazza perduta”, Mondadori). Il luogo (foto 2), tettoia della Valle di Comino, osservato dal belvedere a 725 metri s.l.m. di Piazza Capocci è toscanissimo del miglior fascino toscano (e non si capisce perché, con tutte quelle suggestioni, sia ignorato da investitori illuminati e amanti veri della natura), balzi e contro balzi verzicanti, colline, alte montagne con la testa fasciata dalle bandane blu del cielo, un mare ondoso in fuga di una svariante nuance di colori, una rapsodia in verde. La letterarietà è insita a questi posti come ha ancora recentemente ribadito M.R. Valentini con il suo ultimo, bellissimo romanzo “Antonia” anche da me recensito (sul sito dell’editore svizzero). Quando scendono dal Leabus, la corriera bianca che come moderno carro di Tespi li ha trasportati fin qua su, il circolo degli scrittori, i critici e chissà ancora chi, si gettano tutti con avida curiosità sulla balaustra ad ammirare verso ovest il panorama mozzafiato sulla Val di Comino. Poi a un cenno di Capitan Uncino, come ciurma di scolaretti, si schierano per la fotografia di rito e per qualche sequenza da far catturare ai cameramen. E prendo così anch’io i miei due scatti fotografici. Come un monsignore celebra il rito, fiero nel suo paramento, il collega preside Gerardo Vacana di Gallinaro (foto 4), un personaggio curioso che quest’ iniziativa, forse lodevole, mantiene ancora misteriosamente in vita. Si lusinga da sempre di essere un poeta ma questa può sembrare oggi in chi la coltiva, come pure il sottoscritto, solo una pretesa che talvolta può tramutarsi anche in un pregiudizio. Il codazzo degli artisti si sparpaglia sul selciato della piazzetta, si fionda dentro l’accogliente piccolo bar,  s’incammina poi verso la sede del rito, un ambiente sospeso in alto sopra la Valle di Canneto. Si attardano a parlottare alcune letterate incartate in una mise, a dir poco, eccentrica ma è pur l’estro della singolarità dell’arte, a sentire il murmure tormentato del fiume Melfa che scorre nel suo alveo. Ma forse più dell’acqua fa rumore in loro il tempo che scorre e lascia urgente, però anche in me, il rammarico di aver concluso poco nella scrittura, non certo tutto quello che volevamo. Ora osservano a nord verso la catena delle Mainarde e l’alta cima bianca del M. Meta, la giornata è solare  mossa solo dal passaggio bizzoso di qualche nuvola ancora incerta se diventare minacciosa. Da una scogliera rocciosa dirimpetto scende velocissimo un rapace con le ali quasi chiuse, in pochi secondi la femmina di falco pellegrino è in picchiata sul povero piccione… Dopo il devastante terremoto del 1984, sospesa per l’inagibilità dell’antica Collegiata di San Lorenzo la liturgia religiosa, per la ripresa e la perpetuazione del rito venne costruita questa che ora è diventata una casa di socialità comunitaria e di cultura. Oggi qui officia il prof. Gerardo Vacana, presidente del premio, mentre il collegio letterario (foto 5) composto da Elio Gioanola, Giovanna Ioli, lo stesso Gerardo Vacana e Carlos Vitale è presieduto da un habitué, se non professionista di queste liturgie, come Giorgio Barberi Squarotti. Il consacrato, con un diploma e petit d’argent, è questa volta il  giornalista e noto scrittore Sebastiano Vassalli (foto 3) “per l’insieme della sua opera” da cui emerge “La Chimera”, con la contrastata e miserabile  storia della bella giovane Antonia, premio Strega 1990. Nelle pagine dei suoi libri si compone e si sviluppa, come su uno spartito, una scrittura dinamica, capace di rappresentare con incisività ed efficacia il carattere dei personaggi abbozzati per rimanere impressi, come il retrogusto di un caffè,  per un ragionevole tempo oltre la chiusura della copertina. Questa non comune capacità psicologica di penetrazione che ha l’autore, assieme all’accuratezza della quinta storica spesso su sfondi regionali piemontesi come nel libro suo più celebre, conferisce all’opera di Vassalli anche una significativa valenza psico-pedagogica. Il suo profilo biografico-letterario è ben noto a tutti, così la sua vita confessata in “Un nulla pieno di storie“, per cui non mi soffermo qui a riproporlo. Al termine, come ogni anno, al riparo delle contraddizioni, come del sole, del vento e della pioggia, la comitiva raggiungerà per il pranzo alle Serre “Casa Lawrence” (foto 6) ora curata come museo e gestita come B&B con buon ristorante dalla famiglia Pacitti ma un tempo più che dignitosa casa di campagna della famiglia Cervi. Di questa famiglia il fascinoso modello, Orazio, con cui Lawrence pittore aveva un feeling. C’era ad inizio secolo a Londra, operante già verso la fine dell’ epoca vittoriana, un gruppo di apollinei ragazzi meridionali figli di emigranti originari di Picinisco e dintorni che si proponeva agli artisti in cambio di qualche sterlina. Questa sera e domani il Premio completerà il suo programma con altre espressioni  e gratificazioni artistiche nel centro ducale di Alvito. © – Sergio Andreatta, www.andreatta.it, Riproduzione riservata.

 

 Da Picinisco una mail di commento. Leggila >>>

L’ho letto appena lo hai pubblicato.  Mi ero ripromessa di scriverti un commento su fb, ma poi ci ho ripensato… Devo assolutamente farti i miei complimenti. Hai reso vivo e palpabile, con le parole, quello che è successo a Picinisco sabato. Io che c’ero ho avuto la sensazione che qualcuno avesse saputo descrivere quello che io stessa percepivo guardando il pulman che arrivava, gli “artisti” un poco eccentrici che scendevano in piazza… testimoni di un mondo non condiviso dagli osservatori distratti dalla quotidianità…. Quanto hai ragione quando parli di chi si picca di saper fare senza averne titolo… Basterebbe solo sentire, ascoltare gli altri, quello che sanno, e guardarsi dentro con un po’ di umiltà. In ogni caso mi inchino, con molta umiltà, davanti a un maestro come te, e invidio chi ha potuto avvalersi dei tuoi insegnamenti. Vorrei sapere e saper fare tanto quanto… Intanto continuo ad imparare… (11.10.2011).

Anna Tullio

Grazie di cuore, Anna, anche per i graditi saluti a mia moglie, Rosamaria Pirri, che è stata poi colei che negli anni settanta, durante le ricerche per la sua tesi di laurea in lingua e letteratura inglese alla LUMSA, avrebbe riscoperto l’importante presenza di D.H. Lawrence a Picinisco. La sua tesi era centrata su Artur Morrison autore di fine ottocento perfettamente sconosciuto (ma non in USA) e impubblicato in Italia ma cui la BBC di lì a poco avrebbe dedicato servizi e trasmesso uno sceneggiato tratto da un suo romanzo. La mamma, Olga Mancini, e altri familiari di mia moglie (Mariuccia e Rosina Mancini, Gaetano Pacitti, Antonelli Giovanni (che da ragazzo posava come modello per alcuni artisti), Albino con cittadinanza inglese ma ufficiale dell’E.I. caduto in guerra (1944), Antonio poi alto funzionario del Min. degli Interni al Viminale e consorte della pittrice romana Mariquita Grassi) sono vissuti a Londra, dove le famiglie erano giunte da Picinisco intorno al 1880 gestendo, a Portobello, fino al 1940, snack-bar e locali di ristorazione di loro proprietà.

PICINISCO, piccolo paese chiuso aperto all’ospitalità dall’antica abitudine all’emigrazione. Terra di partenza dei disperati, terra di ritorno dei fortunati che sullo sperone roccioso della loro radice esibiscono la casa del loro nuovo status. Picinisco la cui più accreditabile etimologia (nelle sue varianti), sovra ogni altra suggestivamente ipotizzata, si deve solo al significato della sua connotante topografia di “piccolo villaggio”. Pucinisco (-ischi), Pecinisc, Picinisco come la designarono sulle loro carte nel XI secolo i benedettini di Montecassino. (Sergio Andreatta)

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