15th Nov, 2009

Provare il deserto, le piste della tentazione

Provare il deserto

Le piste della tentazione.

di Sergio Andreatta

            

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Specie ad una certa età sembra che il deserto, che cresce dentro di te, non venga da una sola direzione, ma dai quattro venti.

Per questo fine settimana avevo ricevuto l’invito per un viaggio nel deserto.

Idea suggestionante di per sé, anche rassicurante la carovana.

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Da sempre il deserto attira come luogo vivo più che vuoto, meta di profeti alla ricerca della catarsi, di eremiti, narratori, poeti, pittori, fotografi, avventurieri alla ricerca di chissà che cosa anche meno di se stessi. Metafisica meta filosofica e religiosa, più simbolica che reale, dove perfino un’avventura turistica e fotografica sembra diventarlo. Ma non basta la sola straordinaria visione del Sahara o del Negev o di un altro sterminato orizzonte di sabbia per dirsi veramente nel deserto.

 

“Ti attirerò a me,

ti condurrò nel deserto,

e parlerò al tuo cuore…” dice Dio. (Osea 2,16)

 

Nel deserto per le sue indefinite strade di sabbia non tracciate nella mappa che, insieme con la bussola, mi porto appresso da che ho cominciato a ragionare. Ad esplorare il mondo.

Ogni giorno più turbato dalle questioni di bruciante attualità, come la rottura degli ecosistemi, l’iniqua distribuzione della ricchezza e lo sfruttamento dei paesi sottosviluppati, le nuove incontrollate conquiste della scienza e della medicina, la manipolazione genetica, fenomeni così tipici della mostra società post-moderna e glocalizzata, avverto la necessità di un ripensamento su tali aspetti. Questa tormentata ricerca sfocia in me nel mare dell’azione quotidiana, nel suo impegno etico laico. Tra crisi e utopia il deserto mi si para davanti come l’occasione di un riposizionamento etico personale. Il luogo-tempo spopolato, disabitato, forse abbandonato dove andare alla ricerca di me stesso. Nel deserto biblico si riscontrano due significati: il primo è quello dell’esodo, il luogo dove il popolo di Israele, prima di entrare nella terra promessa, soggiornò per 40 anni nel suo lento passaggio (pasqua) dalla schiavitù egiziana alla libertà. Così tutta la vita di Gesù, l’evangelista sembra volercelo dire, sembra un deserto, cioè un cammino verso la liberazione.

D’altro canto il deserto, e questo è il secondo significato, è anche il luogo tipico dove tutti coloro che volevano attentare al potere politico o conseguirlo si radunavano prima di sferrare l’attacco decisivo…

Subito dopo il battesimo, scrive Marco nel suo Vangelo (Mc 1,12-15), Gesù venne spinto nel deserto dove rimase (simbolicamente) quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Come si intuisce questo è un deserto abbastanza popolato, particolare per la presenza di Satana, degli animali e degli angeli. Il classico copione per una tentazione estenuante giocata tra terra e cielo, inferno e paradiso, tra protagonisti, antagonisti e comprimari. Dove il diavolo diventa attore del dialogo. Questo deserto è morte e vita insieme. Per ogni uomo il deserto è l’ora della prova, una difficile scommessa per fortificare il suo spirito, sconfiggere le passioni del mondo, lottare anche contro se stesso. Entrare qualche volta, durante la propria esistenza, nel proprio deserto è come vincere ogni forma di attaccamento e di passione terrena. Affascinante pista filosofico-religiosa già abbastanza battuta da alcuni filoni del pensiero orientale e greco antico; pensiero ribelle, d’urto laico prima ancora che cristiano. E questa sarà anche la pista inizialmente praticata dall’eretico monachesimo dei primi secoli della cristianità, quasi una fuga dall’abbraccio con la morte di un cristianesimo che si andava già saldando coi fasti del cesarismo.

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Dicono che ci sia sempre una forte spinta interiore che fa sognare il deserto. Quindi, quando Daniele e gli altri amici mi hanno invitato a “fare deserto” hanno avuto in mente una proposta per percorrere insieme un tratto di strada, un cammino verso la spiritualità più alta dove si incontra il Signore. E qui intravedo tutta la regia dell’eremita, di Padre Luciano. Ecco l’ora di metterti di fronte alla tua coscienza, sembra dirmi, per cambiar modo di pensare e di agire. Per svuotarti di ogni superflua pienezza prima di rinascere. E nel cammino per il deserto non ci saranno strade pronte per te, l’unica direzione ti verrà dal cielo, saranno le stelle e la luna a guidarti.

Il deserto ti farà vedere meglio di ogni possibile introspezione e autoanalisi psicologica ciò di cui hai bisogno. Il deserto ti parlerà con i suoi silenzi, con i suoi vuoti, inducendoti alla ricerca e al desiderio di altro.

Ma io temo un po’ la terra arida, polverosa e secca, quasi ostile, che si riflette nell’opaca assenza di molto, se non di tutto.

E così resisto all’idea; troppo inospitale, un deserto, per viverci, o perfino forse… per morire. Già perché vivere l’esperienza del deserto significa sempre anche un po’ morire. 

Il deserto a cui io, Sergio Andreatta, ero stato invitato, e a cui non son potuto o forse non son voluto andare, si trova in Molise sugli oltre mille e cento metri d’altezza dell’Eremo di Sant’Egidio che da qualche lustro ha ricominciato a respirare con i polmoni dell’eremita francescano padre Luciano Proietti (anche autore dell’Elogio della Vita solitaria che ho avuto l’onore di presentare a Latina).

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(Cammino-in-Spes-Latina-Gruppo-Uomini-nel-deserto-dell’-Eremo-di-S.-Egidio-Frosolone-(IS)-15/XI/2009)

 

Gli amici che mi volevano coinvolgere nella particolare avventura, quelli del Camminoinspes, sono alcune persone niente affatto speciali, quotidiane ma che hanno dentro di sé una rappresentazione significativa e di valore della propria esistenza, quasi a contrasto della quinta nera da me sopra raffigurata. Ogni venerdì sera alle 20,30, guidati quest’anno dal motto evangelico “Non di solo pane vivrà l’uomo” (Lc. 4,4), si radunano per un’ora di preghiera del cuore e di meditazione nella Cappella del Monastero di S.Chiara a Latina, (e un’altra derivata emanazione il mercoledì nella Chiesa di S.Pio X a Borgo Isonzo “nella semplicità della preghiera, per mezzo della contemplazione, dell’eucarestia e nel silenzio dell’ascolto“).

Poi tornando ai propri cammini ognuno si porta appresso la sua posologia personale di “preghiera continua” che va ad ispirare i suoi passi per la settimana successiva. © – Sergio Andreatta Riproduzione riservata.  

 

 

 

 

Commenti

Caro Daniele,
non sono venuto all’Eremo ma ci ho fatto su un pensierino.

Caro Sergio,
ho letto approfonditamente l’articolo e’ molto interessante devo sinceramente dire che sei riuscito a fare un’ottima istantanea dello spes visto da fuori…
chissa’ se non sarebbe male pensare di organizzare un convegno con dibatti aperti proprio su qui punti che tu hai toccato silenzio e deserto… ma sopratutto ricerca di spiritualita’…
Comunque grazie e non spaventarti del deserto anche se sembra un luogo solitario e’ pieno di oasi con fratelli/sorelle ospitali e cordiali.
Pax et Spes.

Gent.le sig.Andreatta,
le chiedo scusa per il disturbo, mi chiamo Cosetta
Candini e le scrivo da Rovigo. Volevo chiederle se sa dirmi dove posso trovare
Padre Luciano Proietti in quanto i miei genitori lo hanno conosciuto durante un
viaggio a Medjugorje molti anni fa ed avrebbero tanto il desiderio di
rivederlo. Ho provato a fare una ricerca in internet ma non ho trovato nulla.
La ringrazio se vorrà rispondermi.
Saluti, Cosetta.

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