15th Set, 2012

Arte e Fede: Immagini della vita cristiana. Il Ciclo iconografico egidiano di Giorgia Eloisa Andreatta

VIA PULCHRITUDINIS

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La Via Pulchritudinis è la via, non soltanto spirituale, della bellezza. Nell’uomo una ricerca continua, probabilmente senza arrivi, che attraverso le modalità dell’arte prova ad assurgere fino alla visione di Dio. “La bellezza è il dono di Dio” diceva già Aristotele. In questo caso è previsto che a “L’eterno rivelato” e ai suoi, spesso nascosti, simbolismi si acceda attraverso l’arte pittorica. La presentazione del Ciclo iconografico sulla Vita di S. Egidio di Giorgia Eloisa Andreatta avviene nella nuova Curia Vescovile di Via Sezze 16, nell’ambito della Conferenza  “Arte e Fede: Immagini e Vita cristiana” patrocinata dal Comune di Latina e promossa dalla Parrocchia S. Chiara. Ne è principale relatrice Natasa Govekar, teologa del Centro Aletti di Roma, un istituto della Compagnia di Gesù per lo studio della tradizione dell’oriente cristiano in relazione ai problemi del mondo contemporaneo, direttamente inaugurato  da papa Giovanni Paolo II.

 

La studiosa slava esplora i fondamenti teologici dell’immagine con ampi riferimenti alla spiritualità d’oriente. L’Aletti è al centro di una nuova teologia, cosidetta, dei due polmoni, quella orientale e quella occidentale

voluta dal papa polacco e dal Card. Tomas Spidlik docente di teologia spirituale patristica e orientale in varie università, ricercatore e filosofo interculturale dotato di una grande  sensibilità  per l’arte e per la cultura contemporanea, morto nella primavera del 2010. Attraverso i simboli dell’iconografia cristiana sembra possibile costruire un ponte tra i due mondi, quello terreno e quello spirituale, tra l’immanenza e la trascendenza. Il simbolo, infatti, non si appiccica alle cose ma è dentro all’opera stessa, ai suoi significati profondi, quindi la conoscenza simbolica dell’opera d’arte fa ripartecipare ex novo all’opera della creazione del mondo. “Il simbolo – ha scritto P. Evdokimovè sempre un ponte che collega il visibile all’invisibile e li trasporta l’uno nell’altro”. E’ ispirandosi, così, all’ultimo articolo del Simbolo degli Apostoli che il card. Carlo Maria Martini ha alimentato la sua e la nostra fede testimoniando quel cammino per cui ogni uomo può arrivare al coraggio di superare l’umana paura della morte. E in questo cammino la bellezza ha significativamente il suo posto. Solo “la bellezza salverà il mondo” scriveva Fyodor Mikhailovich Dostoyevsky seppure aggiungesse subito dopo che ” là gli opposti si toccano, là vivono insieme tutte le contraddizioni” (I fratelli Karamazov) ma lo stesso bene (bellezza anche simbolo del bene morale  come per Immanuel Kant nella Critica del giudizio), se non s’incarna, è destinato a rimanere sterile. L’arte aiuta a vedere in trasparenza ciò che veramente si è compiuto sulla via dell’umanità e della divinità, anticipa la trasfigurazione della materia ma dà anche un preassaggio del mondo futuro. Quell’arte che è uscita dalle chiese per andare nei palazzi e confinarsi, in alcuni casi fino a corrompersi, nelle gallerie  è necessario che ripercorra un percorso all’incontrario attraverso un’ “arte battezzata” come scrive il grande mosaicista Marko Rupnik tra l’altro autore della “Redemptoris Mater” nel Palazzo Apostolico e attuale direttore del Centro Aletti. Così si pone ora, o meglio si riapre ancora, una questione fondamentale e cioè: quale arte per la fede? Ma le tesi qui sono controverse, come sono diverse le tesi sulla bellezza perchè se la bellezza spirituale è abbastanza lineare e punta dritta a Dio, “lo studio della bellezza è un duello in cui l’artista urla di spavento prima di essere vinto” scrive Charles Baudelaire (Lo spleen di Parigi).

Giorgia Eloisa Andreatta illustra il linguaggio simbolico della sua opera (due tavole in cui è rappresentata, quasi film in dieci fotogrammi, la sequenza agiografica di Sant’Egidio) e per svelare anche ciò che può sembrare criptico ai più presenta “L’eterno rivelato”, la guida da lei scritta con l’intento di facilitare la decodificazione dell’opera d’arte e la sua penetrante “intuizione” (lettura fin dentro la comprensione dei simboli). Padre Luciano Proietti, francescano dell’ Eremo di S. Egidio di Frosolone in provincia d’Isernia verso cui è destinata l’opera iconografica, si dichiara un orante davanti alle icone a cominciare, quasi cinquant’anni fa, dall’icona famosissima del Crocefisso in S. Damiano ad Assisi. Richiama l’attenzione del folto uditorio della sala diocesana sugli occhi galvanizzati nella visione di Dio degli oltre cinquanta personaggi “scritti” sulle tavole dall’ Andreatta. Quella visione imminente di Dio che incusse timore perfino al sommo poeta, in Dante, sovrastato dai sentimenti e ormai giunto quasi alla fine del suo lungo viaggio, e per cui S. Bernardo ritenne di doverlo raccomandare alla Madonna sollecitando la sua intercessione con: “Vergine Madre, figlia del tuo figlio…”. Il XXXIII canto del Paradiso* è letto da Sergio Andreatta. A intermezzo, durante tutta la manifestazione molto bella e partecipata, il musicista Roberto Stivali ha eseguito all’oboe e al clarinetto alcuni evocativi e ispirativi brani di classica. Il Gruppo Spes, nell’ambito del cui decennale la manifestazione ha avuto luogo, si è particolarmente adoperato  con il suo coordinatore Daniele Efficace e con gli altri per la migliore riuscita della stessa. Un successo. Esemplari gli interventi “a imbastitura” di Don Daniele Della Penna, colto parroco di S. Chiara, senza dimenticare le sue notevoli doti di scrittore, e referente diocesano per la pastorale giovanile. © – Riproduzione riservata www.andreatta.it

* Nella lettura di questa pagina del XXXIII Canto del Paradiso ho pensato ad una lettura non teatrale, volutamente senza enfasi retorica, ad un tono invocativo, monocorde, orante giacché la critica di tutti i tempi, oltre a ritenerla una pagina di sintesi della teologia dell’epoca, la considera prevalentemente una preghiera di S. Bernardo alla Madonna. La lettura si gioca sulle polarità dei concetti madre/figlia e fattore/fattura. L’invocazione è accentuata su “Donna,…”, la dizione rinforzata su “d’etterno consiglio”, con doppia “tt” in due circostanze nel rispetto rigoroso della filologia della lingua toscana. Occorre qualche breve pausa sapiente e un’uscita studiata (Sergio Andreatta).

 

Link correlati (Eremo, Padre Luciano, Spes):

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