30th Apr, 2015

Sergio Andreatta, “Da Il Pontin Sportivo ai giornali on line, 40 anni di stampa sportiva, dalla linotype al web”

Sergio Andreatta – Il Pontin Sportivo _30.04.2015_

Latina, 30.04.2015.  Al Convegno al Circolo Cittadino di Latina, di cui è presidente l’avv. Sergio Iucci, va in onda lamarcord autocelebrativo di quelli de Il Pontin Sportivo. Interessanti i diversi contributi offerti, essenzialmente da giornalisti. Al mio seguono gli interventi dello scrittore Gianluca Campagna, di Andrea Giansanti, addetto stampa dellAmministrazione Provinciale di Latina, e quello conclusivo di Gaetano Coppola de Il Messaggero. Quarant’anni di Stampa Pontina in un forum a cura di Renato Di Bella, Paolo Iannuccelli, promosso in collaborazione con il Panathlon presieduto da Massimo Zichi nell’ambito di “Lievito 2015” (http://www.lievito.org/), la rassegna organizzata da Rinascita Civile di cui è presidente il dr. Damiano Coletta. Uno dei promoter, il prof. Renato Di Bella, direttore di Tuttostadio, mi ha chiesto di scrivere 3,4 cartelle. Così è nato, fuori schema, questo mio contributo quasi in forma di racconto

Il Pontin Sportivo, Convegno del 30.04.2015

Il Pontin Sportivo, Convegno del 30.04.2015

“Da Il Pontin Sportivo ai giornali on line, 40 anni di stampa sportiva, dalla linotype al web”

Gioco, Scuola & Comunicazione

di Sergio Andreatta 

 

“Ohèee, attento! Non stai sulle strisce!”, gli scaglio addosso mentre taglia spericolatamente il traffico di Via don Torello. Un minuto dopo esce dall’edicola impugnando Il Corriere dello Sport. “Ne fanno fuori più sulle strisce che altrove, credimi, e magari mentre chattano”. “Il Corriere? … E che ci vuoi trovare lì?” “Un’inchiesta sull’impiantistica sportiva in città”. “Aah, capisco, sempre il solito virtuoso dell’aggiornamento professionale, tu!” In realtà non lo avevo mai visto leggere un giornale che fosse più impegnativo di quello o della Gazzetta dello Sport. “Cultura, politica, corruzioni, problematiche sociali, Jobs Act, Italicum… – confessa – Certi giornali sarebbero capaci di farmi crepare!” “E tu assumili secondo prescrizione medica”. “Ah, ah, buona questa!”, esclama lui impreparato… “Anche la comunicazione obbedisce a regole di sistema o di mercato. Spesso maschera un gioco delle parti”. “Ecco perché, tra tanta finta libertà, io ho scelto la leggerezza. – mi fa – Niente di meglio della rosea, allora, della sua letteratura sulle epiche cronache del Giro d’Italia o del campionato di Serie A”. “So della tua scarsa propensione per la socratica barba di Scalfari”… Sul quotidiano più letto d’Italia, il lunedì andava a cercarsi  lo specchietto delle statistiche.  “Statistica pura!”… La trovava a pag. 62 de La Repubblica. Cosa gli dicessero quei numeri, boh! … Tot partite giocate, tot vinte, tot perse, tot goal segnati, tot subiti, media inglese, differenze in più o in meno rispetto all’andamento del campionato precedente. “Visto? Tutta qua l’essenza del campionato!” “Ammappete! E non la trovi sul tuo giornale quest’essenza?” Non mi risponde… Oggi, dunque, sarebbe l’inchiesta a giustificare il suo tradimento alla Gazzetta. Parigi val bene una messa…  “130.000 abitanti, una città che continua a crescere…, squadre di Serie A, B e C ma gli impianti, proprio no…”, mi scappa fuori.  “Ehm! – replica  lui allargando le braccia – Le carenze ci sono. E mi spiace che la Top Volley sia dovuta andare a giocarsela a Frosinone ”. “Non è la prima volta, però, per una nostra squadra. Eppure – replico – ce n’è tanta di voglia di sport qua in giro. Di pratica, intendo…”. “Be’, stiamo completando la pista, no?!”, mi rincalza lui con aria particolarmente soddisfatta.  “Evvai!, quell’anellino al centro! Un coitus interruptus…”. Interrotto all’imbocco di Via Pio VI…

***

(Nella caduta dei tempi ho scelto lì per lì di sforbiciare la parte iniziale e quella conclusiva e di proporre al Convegno solo il racconto tra gli asterischi. Tanto avrebbero trovato integralmente tutto… on-line). 

… Una volta, Littoria, era tutta ciclabile, direi soltanto ciclabile fin nelle strade bianche che s’irradiavano nei poderi. La storia dei pionieri è fatta inizialmente di pedali. Tutti pedalavano. Senz’esserlo, era lo sport per antonomasia! Dal podere al borgo, a Littoria, da soli o in squadra. Molti ragazzi calcavano, però, anche i campetti di calcio. Tutti i borghi, già nell’Era, ne avevano uno. Alle ragazze piaceva vedere i muscoli temprati degli atleti, i loro colpi di testa. “Capacità di elevazione”, avrebbero forse potuto scrivere in cronaca, “antipasti al goal”, dicevano loro. Voli sopra il duro lavoro della tera-crea (terra-creta). E fare goal era un orgasmo, l’unico consentito dalle cattolicissime tradizioni venete prima del matrimonio… Una domenica gli animosi coloni si erano preparati anche i bastoni, dalla corriera sarebbero scesi tra poco i calciatori del Sezze, tutti comunisti-mangia-bambini! Ma non sarebbero servite le mazze, alla fine, perché gli Arditi del Bainsizza, tutti fascistissimi, li avevano imprevedibilmente battuti. Così tornando a casa noi sopravvissuti potevamo cantare a squarciagola: “Olio, petrolio, benzina, minerale, per battere il Bainsizza ci vuol la Nazionale!” Figurarsi!… E mentre pensavo che questo un giornale non lo avrebbe mai scritto, mia cugina già si diceva innamorata di quel qualcosa appena appena intravisto sotto i pantaloncini del centravanti setino… L’anno dopo, però, la partita sarebbe andata diversamente e dai poderi, in aggiunta ai bastoni, sarebbero usciti fuori i forconi. Uno del Piano Rosso, con un passato da pugile, guidava la masnada dei rivoltosi. Ce l’aveva con l’arbitro cornuto, uno che per via del mento durante tutta la partita avevamo sbeffeggiato. “Scucchia” non lo si poteva perdonare, era colpevole di aver concesso il rigore della vittoria ai rossi. Così per le scazzottate avevo visto rimbalzare qualche dente per terra mentre i giocatori avversari, senza neanche spogliarsi, si erano infilati di corsa nella sgangherata corriera parcheggiata davanti al Consorzio Agrario. Sfuggite le lepri i cani esagitati continuavano a mordersi la coda tra di loro, per inseguire ognuno la sua interpretazione. Questo i giornali maggiori non l’avrebbero mai potuto scrivere. “Avranno vinto ma noi gli abbiamo messo il pepe al… culo!” Bastava forse questo a stemperare un po’ l’amarezza per la sconfitta? Ce ne tornavamo a casa mogi mogi, senza più fervide intonazioni da: “Olio, petrolio…!” ma pensando che ci sarebbe stata, prima o poi, l’occasione di una rivincita…

E dove sarebbe andato a cercarseli “Il Pontin Sportivo” questi pionieri dello sport locale se non nei borghi veneti? Non so se sono ancora vivi quei ruspanti de la bala, del tira’vanti e pedala. Negli anni ottanta, “Il Pontin Sportivo” si era messo in testa di scovarne qualcuno! “Aho, mollami adesso, – mi dice l’impiegato comunale che avevo fermato per strada l’ufficio mi chiama!” “Ah, il dovere, certo…!  Dopo aver letto l’inchiesta su Il Corriere dello Sport, però, devi fare una relazioncina al sindaco!” “Ma lui è al corrente di tutto!” “Se è così!” Prima che l’impiegato riscommetta la sua vita nell’attraversamento della strada, mi viene il sospetto che su quel giornale lui vada solo a cercarsi le ultime sulla probabile formazione del Latina. Federico Viviani con la sua caviglia malconcia sarà della partita? Bisognerà giocarsela fino in fondo a Varese. “O la va o la spacca – gli lancio addosso – e se non segna Federico su punizione, chi potrebbe?” “Eeeh, Brosco! Dopo il goal alla ProVercelli dei sette scudetti non è più un problema!” “Peccato il pareggio!” “Sì, accidenti!”  “Alla squadra sarebbe servita una punta, un goleador da doppia cifra!” “Un doppia cifra? Un altro Spillo? E dove lo andavi a pescare?” Così agli ultras è rimasta l’impotenza di un’irreversibile crisi d’identità…

Il prof.Sergio Andreatta relaziona al Convegno

Il prof.Sergio Andreatta relaziona al Convegno

Le trovo un po’ depressive le pagine della stampa sportiva, non le amo se non nei momenti dell’esaltante euforia quando la Nazionale di calcio vince la Coppa del Mondo, o la mia Fiorentina l’Euro Legue, il che non accadrà mai, o il Latina… Solo allora capirei, perché anche solo a sfogliarle, prolungherei di un po’ il piacere di un ottimo caffè… Quarant’anni fa “Il Pontin Sportivo” andava a recuperare lo sport minore, quello non rintracciabile nelle svelte informazioni de Il Messaggero e de Il Tempo. Questi, nell’economia dell’informazione, limitavano le loro cronache agli eventi più importanti e agli elementi essenziali, scartando a priori tutti gli eventi secondari e riducendo l’informazione sui dettagli. Latina Oggi e tutta la stampa locale, sportiva e non, si insinuavano dando invece risposte alla crescente curiosità per i mondi particolari. E così i trascurati atleti pontini e i calciatori dilettanti di III categoria ora potevano vedersi serviti e sentirsi gratificati…

Quando il Settimanale sportivo provinciale nacque lavoravo già da 7 anni nella scuola e non mi fu difficile riconoscergli una sua funzione sociale. A fine maggio del ‘74 erano stati emanati i decreti delegati che avevano aperto la scuola alla democrazia e alla partecipazione. E molti fermenti innovativi si avvertivano anche nel mondo della comunicazione, dall’introduzione delle nuove tecnologie all’emittenza libera radiotelevisiva. Io pubblicavo articoli su ECONOMIA PONTINA, il periodico camerale diretto da Maurizio Grandi. Il volpone aveva saputo cogliere al volo le nuove potenzialità e su Telelazio si spandeva nei suoi show. Ed ecco che con le giovani emittenti e i nuovi giornali si stavano creando le basi per un’informazione locale più fresca e briosa. Nelle modalità di questa comunicazione stava crescendo una generazione di nuovi giornalisti… “Il Pontin Sportivo” non si pubblica più, ma i quotidiani sportivi vanno ancora a ruba, seppure in stringente concorrenza con le news on line. Personalmente, i giornali sportivi, li trovo insopportabili ma li trovo imperdibili sulla poltrona del barbiere. Oltre i contenuti molto labili, troppa pubblicità. Non mi va di comprarla la pubblicità, quella bisognerebbe solo darla con i giornali a distribuzione gratuita. E, invece: “Visto che azione!” entra sempre in competizione con: “Non sapevo che quel negozio vendesse…” Questione di risalti…

E dicono anche che con le nuove tecnologie i giornali non sopravivranno a lungo… Davvero una difficile scommessa. Oggi ti danno gli highlights della partita quasi istantaneamente, tutti i commenti pochi minuti dopo. Evviva il web 2.0 e lo streaming! Bestemmie inglesi per dire… Ma, allora, che senso ha continuare a diradare i boschi se non serve? So che Legambiente è già pronta ad attivare una sua campagna per la dismissione di tutti i quotidiani…

***

Non mi soddisfa la nuda cronaca, quando al 16’ del I tempo … o al 29’ del II … o al 93’, dopo minuti di recupero che mi sembrano sempre elastici per la loro durata, matura il risultato sfavorevole. A me interessa il… risultato. La sola bella figura a che servirebbe? La frustrazione mi avvilupperebbe. Un boccone amaro in più che mi opprimerebbe come un macigno nello stomaco. Poco fa un amico cronista, alla vigilia della pensione, mi si è detto annoiato della scrittura, eppure è la sua professione. “L’anima vive sul campo e sugli spalti, – mi confessa – ma tra le righe di un giornale…?!”  Le aspettative sono dovunque. Mi dicono che la passione e gli umori della Curva Nord del Latina siano, infatti, tutt’altra cronaca. Lì la religione del tifoso invoca la Vittoria, la supplica. Ma Nike è una dea dispettosa e un po’ sorda. Ultimamente l’anima del tifoso ha imparato a nascondersi un po’, forse per la vergogna, sotto il più grande striscione nerazzurro mai visto sugli spalti del Francioni. Quel vessillo copre tante storie, tante speranze, tante illusioni, troppe sofferenze che la cronaca non potrebbe mai raccontare. E come si fa a restare solo sulla cronaca quando al 16’ del I tempo … o al 29’ del II … o al 93’, dopo minuti di recupero che ti sembrano sempre elastici e sfavorevoli e ….? C’è da morirci sugli spalti e questo le cronache chissà come lo racconterebbero…

Stadio Latina Curva Nord

Stadio Latina Curva Nord

Quasi quasi, anziché solo assistere, preferirei tornare a giocare sul campetto di Borgo Bainsizza, tra un servizio e l’altro al Consorzio Agrario, tra un compito di latino e uno di matematica. I clienti erano così rari e pazienti le prime ore del pomeriggio che mi permettevano di tirare qualche calcio e di lasciare il campo per andarli a servire. Qualche volta aspettavano pure. Se avessi potuto avrei scelto di giocare più che solo studiare e scrivere, forse per via di… quell’orgasmo…

Qualche anno dopo, a Mercogliano (AV), avevo scoperto che se buttavo gli orfani sul campetto, se li organizzavo in due squadre, quelli mi seguivano più del loro padre che era già volato in cielo, come un fratello maggiore. Avevo vent’anni e tra quei ragazzi di undici, dodici c’era un certo Pasquale Casale di Mercato S. Severino. Un giocatorino niente male che avevo messo in attacco e che sarebbe diventato buono per l’Avellino, il Napoli e la Nazionale Under 21. Questo i giornali non l’avrebbero mai scritto. Il pallone era stata la sua salvezza. Il gioco valeva per i ragazzi del C.M.P.P. dell’ENAOLI più di una carezza o di una terapia… Nel tempo lontano delle telecronache di Carosio e Martellini e delle regie del nostro Enzo De Pasquale, anche quello del telecronista diventava un gioco interattivo. Piaceva a chi aveva scarsa propensione per il movimento e per gli scontri fisici. A bordo campo c’era sempre quel bambino intellettuale cui non andava di faticare e, in questo caso, gli bastava modulare la voce sullo stile di quei maestri…

Il gioco, con la sua calamitante animazione, si dimostrava ancora una volta il metodo educativo più empatico ed efficace per migliorare il clima all’interno della scuola dei doveri e dei compiti. Me ne sarei giovato da psicopedagogista e nei 33 anni da direttore didattico tra il I Circolo di Sezze e il IV di Latina. Qui con la promozione dei Tornei Primavera di Calcio e delle XVI Edizione delle MiniOlimpiadi.  “RAGAZZI 2000”, in migliaia di copie grazie alla sponsorizzazione delle Generali, era il nostro giornale. Sbaglierebbe chi pensa che si scrivesse lì solo di gioco o di sport. Era un giornale un po’ generalista, con le sue rubriche. Ai bambini piaceva raccontare e disegnare della casa, della scuola, fissare la fantasia dei pensieri, i loro sogni, la Latina che avrebbero voluto, la poesia. Il ministro Tullio De Mauro, non so come venuto a saperlo, lo mise a confronto con il suo “Due Parole” decretando che il nostro meritava la palma. Così quell’anno vincemmo il premio nazionale di Cingoli. Le famiglie e i cittadini potevano finalmente sapere quello che accadeva all’interno di un Circolo didattico. Nel giornale operavano due redazioni, una di insegnanti ed una junior di alunni con corrispondenti da ogni plesso. Io ero il direttore responsabile, Pietro Altobelli il mio vice. E c’era tanto da raccontare non solo sulle XVI edizioni delle Mini Olimpiadi degli alunni delle scuole elementari (curate prima da Raffaella Perrelli e poi da Sonia Lungo) e sulle Baby Olimpiadi dei bambini delle scuole dell’infanzia. Vittorino da Feltre con la sua “Ca’ zoiòsa”, Filippo Neri con l’Oratorio e Giovanni Bosco, più che tutta l’imponente letteratura pedagogica americana, mi avevano indirizzato su quella strada. Con “Homo ludens”, già nel ‘38, Johan Huizinga aveva posto il gioco come fondamento di ogni cultura dell’organizzazione sociale. Il gioco risponde ai bisogni affettivi di un bambino, crea il suo territorio fantastico. Con la sua creazione lui esplorerà se stesso e il suo  ambiente…

Da questo spirito ludico rimanevano ancora fuori gli appartati bambini dell’Area pediatrica del S. Maria Goretti. Ma nel ‘93 poteva decollare “Il progetto socio-psico-pedagogico di aiuto ai bambini degenti e a supporto dei loro genitori”, un titolo pomposo come hanno sempre in testa i progetti per dire: “Vogliamo intrattenere i bambini ammalati e stargli vicino col sorriso”. Ormai la scuola pontina andava in ospedale tutti i giorni con due insegnanti, e con l’aiuto significativo dei genitori dell’A.G.E., il “Progetto Andrea” aiutava a tener su il morale dei bambini malati e a farli guarire più in fretta. Un sorriso, una piccola carezza, niente di più. La sicurezza psico-emotiva avrebbe giovato ai bambini che si erano persi nel bosco dell’ospedale e in questa fase della loro vita tremavano di paura al solo battito d’ali di un uccello spaventato. Tredici anni dopo doveva arrivare l’ora dell’ottuso burocrate fazzoniano dell’ASL. Intollerante delle nostre resistenze alle sue strampalate pretese d’impiegarci come assistenti sociali al Pronto Soccorso, decise di cacciarci fuori malgrado il sostegno della Comunità e della Direzione Scolastica Regionale. All’improvviso il donato dalla Comunità scolastica ai bambini ammalati non valeva più niente. Non le belle esperienze, le risultanze in convegni nazionali, i riconoscimenti dei genitori, le attestazioni in libri (Pasqualina Trotta, Quando a scuola si va in pigiama, Franco Angeli Editore, MI, 2007). Nel saggio “BAMBINI UNA VOLTA” (1998) avevo cominciato a documentare una delle prime esperienze del genere in Italia. Ma l’ispirazione della poesia dell’aiuto era destino che venisse sterilizzata …

Il 20 settembre il Presidente della Repubblica C. Azeglio Ciampi ci aveva ripagato volendoci vicino a lui sull’Altare della Patria per la Manifestazione di “Tutti a Scuola 2005 – 2006”…

Al  cartaceo “Ragazzi 2000”, il nostro giornale scolastico diffuso in 5000 copie grazie alla sponsorizzazione delle Generali, era subentrato il sito www.quartocircolo.it, pensato come un giornale on-line con le sue rubriche da aggiornare costantemente. In più di dieci anni avrei scritto migliaia di articoli, avrei spinto a scrivere, grandi e piccoli, migliaia di articoli. E forse un giorno, chissà, potremo contare tra quei piccoli scrittori dei grandi giornalisti. Work in progress, il giornale on-line, se non impostato come specchio di se stesso, suggerisce una bella educazione, fa credere a chi scrive che non ci sia niente di definito e inalterabile come in un libro, apre ai nuovi percorsi della vita, fa sentire  creativi e partecipi di un obiettivo… Certo l’articolo di un ragazzo, libero come un gioco e non prigioniero come un compito, non è assimilabile per niente al lavoro di un pubblicista…

Il giornalista sportivo, secondo me, ha un problema serio che lo distingue dagli altri giornalisti e dal tifoso. Lui non sa mai come incominciare il suo pezzo, se vuole uscire dalle pieghe della noiosa ripetizione, e dopo sette, otto righe comincia già a porsi il problema di come chiuderlo. Potranno venirgli in soccorso le solite quattro domande consegnate dal giornalismo americano: “chi, come, quando e perché” e, con questa mappa, diventargli tutto più facile. Però interessante non lo diverrebbe mai se non si ponesse anche altre domande… Oggi, nel 2015, c’è un giornalismo … d’acqua, e non può che essere così in una società liquida. E’ un giornalismo che va in onda, on-line. Tra highlights e streaming, bisogna fare in fretta, cogliere repentinamente la notizia al balzo prima che altri social te la scippino…

La tribuna-stampa è piena di giornalisti poco brillanti, li senti arrancare, sbavare, smadonnare in cerca di un linguaggio giovanile che non può che essere attraente.  E le loro intonazioni? Sono i Peter Pan del microfono. Si sa che ascoltatori e lettori sportivi appartengono ad un pubblico prevalentemente giovanile. E la comunicazione del Peter Pan va, allora, a privilegiare le strade facili, spianate ma alla lunga sicuramente poco stimolanti da un punto di vista professionale… Sento giornalisti pietosamente divertenti nella loro ignoranza, che non conoscono sufficientemente la geografia per rispondere esaurientemente al “dove”, così Latina è potuta diventare su SKY una piccola cittadina in provincia di Roma; conoscono poco la storia della squadra e nulla della società per rispondere al “chi” senza macroscopiche fesserie; ma sulle strategie utilizzate, sul “come” parlano con sicuranza di moduli e numeri che neanche il povero Iuliano… No, non è solo questione di 4-3-3- o di 3-5-2, ma di soggettività nelle visioni, quasi quanto nelle apparizioni della Madonna…

Sergio Andreatta, un articolo (TUTTOSTADIO)

Sergio Andreatta, un articolo (TUTTOSTADIO)

Nel calcio può succedere di tutto, perfino che gli ultras obblighino i calciatori a passare sotto le forche caudine. O li denudino per prendersi, a mò di trofei, le loro odorose mutande. Bisogna stare sugli spalti, non necessariamente in mezzo ai più facinorosi, per coglierne gli umori, le battute… Lo stadio è il luogo dove il serio professionista al di sopra di ogni sospetto, il primario d’ospedale sfoga i suoi istinti primordiali; dove il pensionato si scrolla di dosso la sua età e i suoi acciacchi; dove ti sembra che la donna non perda mai la sua soave compostezza anche se ruggisce per tutta la partita come una belva… Io non conosco qualcosa che possa sostituire questa psicoterapia collettiva. “Padre nostro, che sei nei cieli, continua a darci di questo pane”… Alcuni lo chiamano volgarmente stadio, in realtà questo è, al contrario, il luogo dell’equilibrio emotivo… In quanto alla quarta domanda, “quando”, con l’ossessione imperativa dello smartphone, vale la pena di soffermarsi?…

Nel mio ultimo libro “769 Storie di pionieri” scrivo che “’na storia no racontada a xè na storia desmentègada” ma una partita di calcio, secondo voi, può essere ancora una storia?

© – Sergio Andreatta (scrittore, psicopedagogista, già decano dei dirigenti scolastici italiani)

Convegno al Circolo Cittadino di Latina del 30.04.2015

© – RIPRODUZIONE RISERVARA / sergio.andreatta@gmail.com / www.andreatta.it

 

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