3rd Dic, 2007

La disaffezione dei genitori verso gli Organi collegiali della scuola

 Due Parole (2)  

 
 

Chi può meravigliarsi se i genitori non sono andati a votare?  

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 L’avevo detto e scritto con allarme in occasione delle ultime elezioni per il rinnovo dei Consigli d’istituto, meno di un mese fa (11-12 novembre): la democrazia scolastica per quella che è e ci è stata consegnata dai Decreti delegati del 1974 oggi non sembra più funzionare. Interessa poco o niente e non soltanto i genitori degli studenti.

Dopo un servizio sul “Corriere della Sera” che riportava le cifre di una generale diserzione dalle urne scolastiche, pare che se ne siano accorti anche nelle alte sfere, al Ministero finalmente. In realtà il viceministro della pubblica istruzione Mariangela Bastico, avendone tutto il sentore, aveva già tentato di correre ai ripari con una sua esortazione indirizzata alle famiglie per invitarle alla partecipazione.“C’e’, aveva dettola Bastico, un difetto di partecipazione che suona come una sorta di delega alla scuola da parte delle famiglie. Certo, le nostre vite sono complicate, siamo presi da mille impegni; ma ne va della vita dei nostri figli e anche un po’ della nostra: la scuola e’ sempre stata, anche per noi adulti, un luogo di dialogo, di scambio. Molti genitori della mia generazione, poi, ne hanno fatto una palestra politica. Non smettiamo di frequentarla”.

Il viceministro aveva, però, anche dovuto ricordare come, da due legislature, non si riuscisse a trovare in Parlamento l’accordo e la volontà per quella necessaria riforma degli organi collegiali che tutti ormai sollecitano con vigore ma che, evidentemente, trova ancora nei pantani parlamentari il suo ostacolo insuperabile. L’idea della Bastico sarebbe per un’assunzione di delega da parte del Governo, “delega sulla base di indirizzi parlamentari su questa materia” ma è noto come, ancora recentemente, il Parlamento abbia cassato la proposta di affidare al Governo tale delega in materia di riforma degli organi collegiali. Nell’arco di trent’anni la partecipazione delle famiglie agli organi di democrazia scolastica e alle sue elezioni e’ letteralmente crollata, non soltanto secondo la nostra diretta esperienza ma anche secondo le statistiche, dal 75% al 10% tanto che un preoccupato ex-ministro come Tullio De Mauro, nel prenderne atto con sofferenza, ha evidenziato in una sua analisi come le cause di tanta disaffezione e di tanto disinteresse siano da ricercarsi, in primo luogo, nella burocrazia ministeriale e nella sua persistente logica centralistica che, al di là delle espressioni di rito, manifesta disistima e poco va a valorizzare l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Logico e facilmente condivisibile il successivo appello: le istituzioni devono poter disporre di maggiore libertà nell’organizzazione degli orari e nella possibilità di discutere contenuti e modalità dell’insegnamento. Perchè continuare, invece, con questa sfiducia storica per la democrazia stessa, il decentramento e l’autonomia delle istituzioni quasi non fossero queste in grado di autoregolare dal proprio interno l’efficienza dei loro processi funzionali. Istituzioni “minus habentes?”, verrebbe da chiedersi… Citando poi le esperienze di altri Paesi europei l’ex-ministro ha continuato nella sua analisi rivendicando il diritto delle istituzioni scolastiche ad intervenire anche nella chiamata diretta dei docenti e del personale ata. Questo è, secondo noi dirigenti scolastici, soltanto uno dei tanti punti richiesti per un salto di qualità e per l’ottimizzazione del servizio scolastico pubblico. Ma è il nostro stesso ruolo di dirigenti ad essere, purtroppo, svilito dal sistema nazionale con le troppo limitate funzioni (si pensi che non possiamo neanche valutare docenti e ATA) e retribuzioni sperequate rispetto a quelle di altri dirigenti dello Stato. Eppure ci occupiamo competentemente e siamo (oltre che coscienziosamente ci sentiamo) responsabili in prima persona, ogni giorno, dei delicati processi formativi, dei successi e degli insuccessi di centinaia e centinaia (da 600/1000) di bambini, ragazzi e adolescenti spesso fragili, esposti a molteplici e vari disagi familiari e psicosociali. Soggetti in sviluppo di personalità ma gravemente già indiziati alcuni all’insuccesso non soltanto scolastico ma, addirittura, del loro stesso “progetto di vita”, a meno che non si sappiano varare, con giusta tempestività ed efficacia, le risorse e le misure giuste per il contrasto e la compensazione. E del resto certe misure e certi “poteri” del dirigente, come di ogni altra autorità in diverso ambito, continuano ad essere temute e a rappresentare quel tabù sindacale ancora inviolato e che non si vuole esorcizzato ad ogni costo. Non conta il nostro impegno e la nostra passione a pubblica garanzia, conta di più continuare a paventare demagogicamente una nostra eventuale… esorbitante occupazione della democrazia scolastica, anche estesa ad una nostra pregiudizievole capacità di valutazione. Ancora una volta, così, per perpetuare il grave equivoco si vuole che la diffusa presunzione dell’invalutabilità del docente batta la realtà per 2-0. Senza voler ammettere che non può esservi effettiva democrazia senza merito, senza un effettivo principio di responsabilità e, quindi, di autorità. Conta maggiormente in realtà, per le O.O.S.S., ampliare la base dei propri iscritti più che affrontare il merito specifico delle questioni. Al legato meccanismo di potere, soprattutto economico, nessuno vuole mai rinunciare. E così, fatalmente, questa nostra Italia finisce col trovarsi alla deriva, ogni giorno di più in balia degli scomposti e spumeggianti marosi sfascisti cui, pure insospettabilmente, in molti concorrono (e sicuramente per primi quei molti politici con l’ostentata ansia di apparire ad ogni costo nei Tg della Raiset. Li vedi e li senti parlare per interposizione, aizzare la piazza per un niente, manifestare uno spirito di dura e incostruttiva polemica, fino ad apparire a volte distruttivi dell’altro (il mio inferno!). A questi politici dell’antagonismo maggioritario non si chiede “un’idoneità ad educare” ma almeno un atteggiamento etico a non offendere, a non prevaricare. Davvero poveri noi se non si saprà invertire questa rotta del declino civile adottando “in chiave cooperativa per il bene del Paese (Pres.Rep.Napolitano)” quelle riforme che ormai sono da tutti ritenute indilazionabili per l’ammodernamento dello Stato. Poveri noi se, neanche sul come, si troverà il modo di mettersi d’accordo. © Sergio Andreatta

 

Commenti

C’è un’evidente crisi di democrazia. Autorità nei servizi = maggiore responsabilità di qualcuno a garanzia dei cittadini (così dovrebbe essere). Merito nel lavoro = maggiore garanzia di efficienza (così dovrebbe essere). Ma è così?

Mal di merito, mal di tutto. Aria di tutti contro tutti. Paese di individualisti, parola del Rapporto Censis 2007.

Nessuno può meravigliarsi.
Chi è il giornalista che diceva che per andare a votare bisogna turarsi prima il naso?
Figurarsi per le elezioni scolastiche che valgono meno di nulla e, quindi, danno di sè un’idea di inutilità.

Il giornalista citato dovrebbe essere Indro Montanelli, se la memoria non mi tradisce. E pur turandosi il naso lui andava lo stesso a votare per fedeltà alle sue idee laico-liberali.

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