Sergio Andreatta, Vangelo e Politica.
Benedetto XVI, oggi a Brescia, ricorda la necessità di una Chiesa “libera, povera e al servizio di tutti”.
di Sergio Andreatta www.andreatta.it
Il brano evangelico m’impressiona.
Nel Vangelo di oggi (Marco 12,38 – 44), più noto come quello della vedova povera che getta nel tesoro del tempio due monetine che fanno appena un soldo, si coglie una severa condanna del “modo di apparire” degli scribi che oggi, con molta attualità e con un’evidente analogia per il primato che occupano, potremmo assimilare ai politici.
“Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e pregano a lungo per farsi vedere. Essi riceveranno una condanna più severa”.
E penso così, naturalmente, alla demagogia di alcuni nostri politici con quel loro particolare culto dell’apparenza, sempre in tv e nelle piazze mediatiche per le loro studiate strategie, a quelli che costruiscono il loro dominio sulla videocrazia e amano, come i narcisi sulla propria immagine, auto-sondaggiarsi di continuo sul consenso popolare. Penso all’in-eticità della cultura delle apparenze.
Per la loro ossessiva corsa ai “primi seggi, ai primi posti nei banchetti” finiscono col trascurare spesso la promozione del bene comune, la dignità degli italiani più poveri di tutto (non soltanto di spirito e, quindi, forse per questo consolatoriamente “beati”) che vedono piegata la loro dignità dalle tasse, subordinata la “ricerca della giustizia” all’azione di questi leader che lottano unicamente per difendere i propri enormi interessi, dopo aver imposto come buone, attraverso il perpetuo ausilio dei mass-media di cui dispongono, le proprie visioni personali.
Ma ecco irrompere la bellezza di questa lettura domenicale del Vangelo che sovverte la scala dei valori secondo il comune senso del sentire e lancia il riscatto per cui, ancora una volta, anche se titubanti, non possiamo non dirci cristiani!
Ma se questa è l’attualità ancora forte del Vangelo si capisce perché, chi è invece fortemente abbarbicato alle proprie prerogative politiche, spesso non lo ami, a causa del suo amore per l’appariscenza delle parole e della vacuità dei suoi comportamenti vistosi e applauditi.
Molti di questi politici che hanno saputo pur scatenare una battaglia di Lepanto contro una sentenza della Corte di Giustizia Europea che, accogliendo un’istanza iper-laica, sentenziava di staccare i crocefissi dalle pareti delle aule scolastiche pubbliche, non sanno purtroppo che cosa sia il Vangelo nella sua profonda essenza. Quand’anche, ieri, l’arcivescovo di Milano mons. Dionigi Tettamanzi, sulla scia di un pensiero che era stato già di don Lorenzo Milani che sapeva parlare al cuore della gente, abbia detto:“Il punto non è conservare “un simbolo”, un oggetto, bensì il modo di viverlo nella realtà”. Molti non sanno essere veri cristiani, seppure lo dichiarino, non credono nel Vangelo che, ancora oggi, ci insegna ad entrare nello sguardo di Gesù, imparando a vedere le cose dal suo punto di vista, ispirando ad esso i nostri diversi punti di vista e, pure, la scale dei valori sociali pur diversi di una società moderna.
I politici amano mettersi in bella mostra, non soltanto frequentemente a “Porta a Porta”, ed essere trattati sempre come le persone più importanti e riverite. La loro vanità va ad annullare, alla fine, il valore di quel poco di buono che pur fanno nel servizio per la gente più umile. Ma non hanno l’obbligo di essere cristiani, loro, considerato che l’Italia è uno Stato laico e dal 1984 il cattolicesimo non è più religione di stato. Ma se poi si dichiarano, senza averne l’obbligo, allora è un altro discorso.
Ed è ancora Gesù a denunciare ante litteram la loro mancanza di obbedienza alla legge (ma direi anche alla nostra Costituzione repubblicana) perché, spesso, quelli che governano in forza dei numeri conseguiti con il battente condizionamento dei cervelli, vogliono solo imporsi facendo legiferare al Parlamento i propri lodi e le benefiche “prescrizioni brevi”. Esempio lampare di disobbedienza alla legge civile prima ancora che religiosa.
Nelle parole di Gesù ascoltiamo la forte denuncia degli scribi-politici, che non solo non aiutano i poveri, ma addirittura con i loro provvedimenti li espongono, come le due vedove ricordate oggi nella messa, alla condanna di una miseria esistenziale.
Pensiamo ai tanti disperati senza lavoro che finiscono col perdere anche la loro dignità personale e familiare e sono alle strette. Pensiamo alle ultime misure inospitali contro i migranti in arrivo nel nostro Paese. A chi ha già perso la vita per questo o la perderà.
Poco importa, poi, che questi politici, per pura convenienza elettorale, facciano a parole molta professione di cristianesimo e al tempo stesso esibiscano molti atti religiosi.
Come nella denuncia di Isaia (capitolo I) Dio si dice stanco di chi calpesta i suoi atri e non osserva il dovere della carità per i poveri. Il giudizio sarà più severo per costoro. Attraverso gli occhi e le parole di Gesù possiamo imparare a scoprire e a stare attenti a chi si presenta come benefattore mentre in realtà viene a succhiarti il sangue.
“Attenti – sembra dirci – guardatevi da essi, state lontani, diffidate, non prendete per buono tutto quello che fanno, soprattutto quel fastidioso mettere in mostra la loro apparenza di giustizia e di verità”.
Apparenza di giustizia e di verità mai, come oggi, così tanto evocate e televisivamente bandite sulla spinta e a difesa di interessi personali… C’è una laicità ma anche una religiosità (inutile dissimulare!), assai poco francescana, che dà preminente valore all’estetica dell’apparenza sull’essenza. Il rischio dell’apparenza, in una civiltà dell’immagine come viene definita quella attuale, è molto forte, assai più del passato.
Ma c’è sempre stato, anche duemila anni fa. Lo avvertì lo stesso S. Agostino che, di fronte alla sua elezione a vescovo di Ippona, ci ricorda mons. Antonio Riboldi, diceva: “La cosa più terribile nell’esercizio di questo incarico, è il pericolo di preferire l’onore proprio alla salvezza altrui”. Per cui aggiungeva: “Aiutatemi … perché troviamo la nostra gioia non nell’essere vostri capi, quanto nell’essere vostri servitori “.
Mentre Paolo VI, quando ancora era arcivescovo a Milano, nel 1960 : “Il progresso e la ricerca della ricchezza, come fine a se stessa, come unica garanzia di benessere presente e di pienezza umana, è la paralisi dell’amore”. E ancora: “…l’educazione cristiana alla povertà sa distinguere innanzitutto l’uso dal possesso delle cose materiali, e sa distinguere poi …dalla carenza di quei beni indispensabili alla vita presente, cioè dalla fame e dalla miseria, a cui è dovere e carità provvedere”(N.d.R.: soprattutto per una politica di ispirazione cristiana).
Ancora oggi a Brescia, dove è andato ad onorarlo, papa Benedetto XVI invita, non sappiamo bene con quali effettive ricadute, ad una Chiesa “libera, povera e al servizio di tutti”. Libera, soprattutto, dai condizionamenti delle vistosità…
Nel Monastero “Janua Coeli”, piccola comunità claustrale in Toscana fondata nel 1992, che si sta ancora costruendo nello spirito e nelle mura, danno questa chiave di lettura del brano evangelico di oggi:” C’è un più che sottrae e un più che aggiunge. Il più delle apparenze che si veste di stoffe e si nutre di riverenze, si gongola di santi fervori e di posti di onore. E questo è un più che divora il bene di altri dietro titaniche orazioni, un più che tanto si innalza quanto sprofonda. Come un pallone che si gonfia. Più aria metti rispetto al limite consentito dallo spazio previsto -che sarebbe pienezza – e più rischi di scoppiare nel vuoto”…
Poi c’è “il più che aggiunge” quello della carità, della solidarietà, dell’accoglienza sorridente degli altri, chiunque essi siano, nella loro attualità e varietà di casi e di bisogni, nella loro differente molteplicità di culture e di religioni. © Sergio Andreatta www.andreatta.it – Riproduzione riservata.
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La religione di Stato in Italia [da Wikipedia]
Il Cattolicesimo venne riconosciuto religione di Stato con l’articolo 1 dello Statuto albertino del 1848, dapprima in vigore nel solo Regno di Sardegna e poi esteso al nascente Regno d’Italia. Nel 1946 la Costituzione repubblicana garantisce, nell’articolo 3, l’uguaglianza degli individui a prescindere anche dalla religione, il che rappresenta l’abolizione de facto della religione di Stato in Italia, cui si giunse ufficialmente con la revisione dei Patti Lateranensi del 1984 (Protocollo addizionale, punto 1), e con la sentenza 203/1989 della Corte Costituzionale che sancisce che la laicità è il principio supremo dello Stato.
L’esposizione del crocifisso nelle aule scolastiche.
L’obbligo di affiggere i crocifissi nelle scuole fu istituito con i Regi Decreti 965/1924 e 1297/1928, ai sensi dello Statuto albertino, in epoca fascista.Il Consiglio di Stato si espresse a favore della presenza dei crocifissi nelle scuole nel 1988, nonostante il Cattolicesimo non fosse più religione di stato. Ma nel 1997
la Corte Costituzionale dice l’esatto contrario, esprimendo parere contrario sulla presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche, specie durante le votazioni.Il 3 novembre 2009
la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo ha stabilito che la presenza dei crocifissi nelle aule scolastiche costituisce “una violazione dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni” nonché una violazione alla “libertà di religione” degli alunni. La direttiva è contenuta in una sentenza emessa su un ricorso presentato da una cittadina italiana, di origine finlandese.