8th Ago, 2011

“Antonia” di Maria Rosaria Valentini

“Antonia” l’ultimo romanzo di Maria Rosaria Valentini.

Una trama fitta, popolata di tradizioni familiari e di personaggi che sono realmente esistiti fin da sembrare autobiografici ma anche un piccolo capolavoro letterario presentato in questi giorni al  2° Festival delle Storie della Val di Comino.

 

© di Sergio Andreatta

Questo articolo è stato pubblicato dall’editore svizzero del libro sul proprio sito.

La sera di venerdì 5 agosto sono a La Fucina di Picinisco. Una bella piazzetta antica, una quinta suggestiva per un salottino letterario segnato da un volatile percorso di odori che anticipano i sapori. Siamo vicino allo spiedo rovente di Loreto Pacitti di Casa Lawrence, gli arrosticini sopra a cuocere. Rispondono alle domande ficcanti di Vittorio Macioce, un giornalista de Il Giornale, Maria Rosaria Valentini, Aurelio Picca e uno di Zelig che preferisco non citare perché mi risulterebbe azzardato quotarlo come scrittore. E a me francamente stasera interessano gli scrittori, magari di vaglia più che di grido. La missione che continua a darsi questo II festival delle Storie è quella di portare scrittori, artisti, giornalisti (nella piazza principale Mario Giordano presenterà tra poco il suo “Sanguisughe”, Mondadori) a raccontare le loro storie nei piccoli paesi della Val di Comino (Alvito, Atina, Broccostella, Picinisco, S. Donato. Settefrati e Vicalvi). Un’ambizione all’insegna (quasi fosse un negozio ed infatti in alcune bancarelle c’è anche la possibilità di acquistare libri e non soltanto quelli presentati) di letteratura, cinema, teatro, musica e scienza. Scelgo di parlar della Valentini perché le sue risposte mi sembrano particolarmente convincenti per la loro incisività come “colpi d’ascia”, mi affascinano e non soltanto perché è del posto, nata a S. Biagio Saracinisco e con molte radici parentali nella stessa Picinisco. Certo il mio conterraneo Aurelio Picca da Velletri, “Se la fortuna è nostra” pubblicato da Rizzoli, ha già raggiunto una sua notorietà presso il lettore italiano ed è anche per questo che la mia scelta vira decisamente sulla Valentini, una laurea in germanistica conseguita a La Sapienza di Roma ma che da oltre vent’anni vive in Svizzera, per una straordinaria sintonia con la storia spaesata di tanti altri emigranti costretti all’esodo da questa Valle bellissima ma anche di lacrime per le scarse opportunità di lavoro e di successo personale che elargisce. Terra-madre amata che ama; terra-matrigna odiata che odia fino a disconoscere e a ripudiare alcuni suoi figli migliori. Qui a Picinisco, nel 2009, per i suoi precedenti romanzi “Quattro mele annurche” (2005) e “Di armadilli e charango…” (2008) le era già stato attribuito il premio europeo di narrativa “Giustino Ferri – David Herbert Lawrence”. “Non ho voglia di parlare con gli altri, ma ho sempre solo voglia di parlare con me stesso, di vomitarmi addosso quello che vedo, racimolo, ricordo. Io mi rumino dentro…”. E’ l’inizio svelto delle 138 pagine di “Antonia”, il romanzo edito da Gabriele Cappelli Editore, Mendrisio, 2010.

Ciarli è un geologo melanconico e misantropo che recupera con ossessione, per auto-racconto, la sua storia da bambino, la storia della cugina Antonia, o forse più, la storia della sua famiglia. Storia di emigranti come tanti  perché quando si è poveri e non si è rassegnati non si ha che una risorsa, quella di emigrare in cerca di fortuna. Una storia spezzata, dolorosa perché “la vita è sempre un colpo d’ascia”, tagliente, senz’appelli. Una storia a lungo sovrastata, oltre la comprensione di Renzuccio e Angiolina, dalla figura incombente del padre di Antonia, una vera fabbrica di mentalità autoritarie direbbe Wilhelm Reich. In realtà la vera, assoluta protagonista è Antonia, la cugina di un anno più grande di Ciarli che vive e rivive di continuo nelle sue smaltate considerazioni, nata come è nata, cresciuta nell’antica San Biagio Saranicisco,  povero borgo di pochi tetti e di ancor meno abitanti, i sassi della villetta comunale contati e calpestati insieme da scalzi, le cure della maestra Costanza, il bar di nonno Renzuccio, le attenzioni di nonna Angiolina. Le continue schermaglie con Ciarli che, come familistica “religio”, sono servite a legarli di un cemento indissolubile per la vita, i due pastelli dominati e incontaminati di verde e di celeste dei panorami della Valle, pure abbastanza chiusi da quei domiciliari orizzonti. E’ la storia dei grandi che la lasciano per emigrare in cerca di fortuna a Swansea, Galles, di sradicamenti e di ferite e di radicamenti nuovi, anche linguistici, tentati e quasi impossibili da raggiungere nel nuovo contesto. E’ la diacronia reale di questa Valle che ancora quest’anno e per il futuro vivrà delle mille storie, più una, dei nipoti e dei pronipoti dei pionieri scappati a vivere in Inghilterra, Scozia, Galles e Irlanda. Ma qui sono comunque rimaste le radici che fanno ancora dire loro, pur di terza o quarta generazione, con orgoglio “Songo ‘taliano”, sarà che qui c’è questo sole che lì è soltanto precario se non negato, il verde esplosivo dei boschi senza fine, l’acqua pura dei rii, il pomodoro e l’olio vergine d’oliva, la cantilena dei pellegrini che ad agosto puntualmente si mettono in viaggio per i sentieri selvatici che portano su al Canneto. Andata e ritorno. La mia bella casa a Picinisco è figlia di una di queste storie, tra i primi emigranti a fine ottocento a Londra. Così la casa dei miei vicini di destra (da Edimburgo) o di sotto (da Glasgow). Le storie si ripetono all’infinito con alcune varianti ed è bene che qualcuno, come la Valentini, nelle sequenze drammatiche e  nelle prospettive della speranza le abbia sapute raccogliere prima della loro definitiva dispersione. Il critico Giorgio Barberi Squarotti definisce, e a ragione, il romanzo come molto bello, “… sia per l’ottima tenuta del linguaggio, della tensione narrativa, dell’intensità delle situazioni e degli eventi, sia per la sapienza nel fissare i personaggi e i luoghi”. Maria Rosaria Valentini con questo suo libro attesta che la Valle di Comino, e Picinisco e i suoi dintorni in particolare, si confermano luoghi letterari per eccellenza. E la vita stessa, con i suoi molteplici spunti e le sue deprivazioni, che ne conferma il carattere. Ecco perché queste storie, almeno quelle più significative come quella di “Antonia”, quasi ispirativo genius loci, non devono mai svanire in una folata di vento. L’invito quindi, ai tanti aspiranti alla scrittura, è quello di continuare a raccoglierle come parte integrante della propria esistenza precedente. Uno scritto di valore antropologico-culturale con una trama fitta, popolata di tradizioni familiari e comunitarie, di personaggi che sono realmente esistiti fin da sembrare autobiografici ma anche un piccolo capolavoro letterario di Maria Rosaria Valentini, sulla scia del più celebre “Vita” di Melania G. Mazzucco.  “Das Schicksal gewährt uns unsre Wünsche, aber auf seine Weise, um uns etwas über unsere Wünsche geben zu können” (J.W. von Goethe,Le affinità elettive). Il destino esaudisce i nostri desideri, ma a modo suo, per poterci dare qualche cosa che è superiore ai nostri stessi desideri. © – Sergio Andreatta, Riproduzione riservata.

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