6th Set, 2011

Prega e cammina. Pellegrinaggio tra le Abbazie di Montecassino e di San Vincenzo al Volturno

Prega e cammina: 7° Pellegrinaggio tra le Abbazie di Montecassino e di San Vincenzo al Volturno.

Secondo tradizione nel I fine settimana di settembre per onorare il patriarca dei monaci in Occidente e il patrono d’Europa per l’influenza che esercitò attraverso i suoi monasteri “per la formazione della civiltà e della cultura europea” (Benedetto XVI, Udienza generale del 9 aprile 2008).

Articolo e foto di Sergio Andreatta, sergio.andreatta@andreatta.it

 

Più che al tema che annualmente si danno sembrano interessati alla ricerca di se stessi i Pellegrini della “Compagnia”, non foltissima, che partono  ogni anno a piedi da Montecassino diretti all’abbazia di San Vincenzo al Volturno, sulle indelebili orme dei monaci benedettini. Da venerdì 2 a domenica 4 settembre 2011: Pellegrinaggio alla sua VII edizione.

 

In una società opulenta e consumistica seppur intristita dalla grave crisi economica, che cosa può muovere oggi l’utopia di un gruppo di persone sedentarie che decidono di percorrere una cinquantina di chilometri, per un sentiero aspro e faticoso, in altimetria, attraverso boschi di faggio e montagne che sopra Picinisco 

ricordano le Dolomiti, per meditare sullo spirito di un uomo vissuto 1500 anni fa? Che cosa può attrarre questi giovani diversi e distoglierli da un week end da sballo? Il modo di vedere il mondo e la propria condizione attraverso la fede non prevede che si chiudano un pò gli occhi della ragionevolezza? O che si ripudi per un sospetto pregiudizio il presunto veleno di una mente scientifica? Tutte le strade sono per ognuno di noi e su qualcuna facendo attenzione a dove conduce, sia che tu ti immagini conservatore o al contrario progressista, bisognerà pure avviarsi. Sulla strada del bene, prima ancora che su quella della fede, direbbe Ermanno Olmi (Il castello di cartone). La vita non ammette inerzie. E quasi sempre un viaggio, ogni viaggio, porta  in sè anche qualcosa di metafisico, lo sguardo verso una meta, sia che si tratti di un fenomeno individuale, sia che l’esperienza venga condivisa da un gruppo. Un pellegrinaggio cristiano riveste, inoltre, varie dimensioni, da quella escatologica a quella penitenziale, da quella festiva a quella culturale, da quella apostolica a quella comunionale. “Come il santuario è un luogo di preghiera, così il pellegrinaggio è un cammino di preghiera. In ogni sua tappa la preghiera dovrà animare il pellegrinaggio e la Parola di Dio essere luce e guida, nutrimento e sostegno”  (Direttorio su pietà popolare e liturgica, 286).

Qui sotto La Meta, cima delle Mainarde di 2242 m., sono passati i figli di San Benedetto, qui è stata praticata, e continua ad esserlo, la sua “Regola”.

Percorrono i passi dei successori del fondatore dell’Ordine i camminanti in orazione (più uomini che donne, più adulti che giovani) che oggi partecipano al settimo Pellegrinaggio partendo proprio dalla sua tomba. “Ora et labora”, la Regola benedettina era vissuta intensamente, allo stesso modo, nei capisaldi delle due Abbazie, identico era lo spirito comunitario sulla scia del “messaggero di pace, realizzatore di unione, maestro di civiltà, e soprattutto araldo della religione e fondatore della vita monastica in Occidente” (Paolo VI, Pacis nuntius, 24 ottobre 1964). C’era coltivata fraternità fra i monaci delle due famiglie delle Abbazie di Montecassino e San Vincenzo al Volturno e consuetudine allo scambio per comunione gioiosa ed esercizi spirituali.  Ora da secoli incombe tragica, e fulgida nello stesso tempo, la memoria dei Martiri Volturnensi (gli oltre 300 monaci sgozzati dai saraceni il 10 ottobre 881). E per la caduta del tempo non si può obliarli, seppure dimenticare sia per qualche verso anche necessario, questi monaci “martiri che in modo assai particolare, non immeritatamente, sorvegliano sempre questi luoghi e sono continuamente apportatori di bene…” come scrive il Chronicon Vulturnense del monaco Giovanni. Vinti o vincitori, come sia, questi pellegrini vogliono riperpetuarne l’onore accingendosi domani a salire per il sentiero che porta su a “Passo dei Monaci“, 1967 s.l.m., tra Prati di Mezzo e Valle Fiorita. E’ in questa località che li incontro, la sera di sabato 3 settembre, mentre salgono in teoria orante l’ultimo tratto prima della sosta notturna al Baraccone.

Un gesto religioso semplice, antico, popolare, è il pellegrinaggio, una ricerca-azione in cui si alternano momenti di preghiera e di silenzio, canti e meditazioni guidate secondo delle intenzioni particolari. Abitualmente si affidano alla protezione della Madonna, non diversamente dei pellegrini diretti al sottostante Santuario della Madonna bruna di Canneto che sono appena transitati, a migliaia, per Picinisco tra il 18 e il 20 agosto.

Una tre giorni davvero intensa, questa, per persone motivate o ispirate, col desiderio di rinforzare le proprie motivazioni esistenziali. Per alcuni una prova personale. La partenza è stata venerdì dall’Abbazia di Montecassino con la S. Messa, alle ore 5,00, la benedizione dei partecipanti e la preghiera dei pellegrini sulla tomba di S. Benedetto. Poi subito in cammino a tappe forzate verso Atina e, quindi, Picinisco. Dopo la sosta notturna nel suggestivo paese del Parco Nazionale (P.N.A.L.M.), partenza alle 7,00 del mattino seguente per il santuario della Madonna di Canneto e partecipazione ad una celebrazione eucaristica. Arrivo a Prati di Mezzo per le 18,00. (Alcune foto di Sergio Andreatta ne documentano l’arrivo). Domani, domenica, sarà la giornata conclusiva dell’itinerario e bisognerà avviarsi di buon mattino.  

Sveglia alle 5 per arrivare a Passo dei Monaci alle 9 e a Valle Fiorita intorno a mezzogiorno. Intorno alle 18,00, l’ormai collaudato programma prevede l’arrivo all’Abbazia di S. Vincenzo al Volturno e la preghiera corale nella cripta davanti alle spoglie dell’Abate Epifanio (Epyphanius abbas) giunto qui in Molise dal monastero di S. Martino del Monte Massico (presso Mondragone, Caserta) per ricerca di un più alto livello di vita monastica (“exemplo adipiscende eximie conversacionis“) e che, dopo averlo conseguito a prezzo di grandi sforzi (“et diu in sancta conversacione decertando”), fu eletto abate di San Vincenzo non soltanto per il carattere esemplare della sua condotta di vita (“pro vite merito”), ma anche per la sua dottrina (“et sapiencie doctrina”). © – Sergio Andreatta, Riproduzione riservata.

 

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