19th Feb, 2012

Latina, il terremoto che non si immaginava

Ipotesi “sinkhole”  VIDEO  

 

Latina, il terremoto che non si immaginava.

di  Sergio Andreatta  (594)

La scossa tellurico-sussultoria delle 21,46 di mercoledì 15 febbraio, di magnitudo 3.8 della Scala Richter, si abbatte su Latina, con epicentro in Via dell’Uccellara 16 tra il Pantanaccio e Tor Tre Ponti, come attesta quasi subito l’Istituto nazionale di geofisica, ma si avverte anche nell’alto degli antichi e storici paesi lepini. E verso nord fino a Roma e a est in Ciociaria fino a Sora. Nelle case di Latina si sono vissuti trepidanti momenti di paura con oggetti che cadevano dagli scaffali, bicchieri che tintinnavano l’un contro l’altro e si infrangevano, mentre alcune crepe si formavano in diretta negli intonaci delle pareti. L’inventario dei danni si sarebbe potuto rilevare, però, soltanto alla luce del mattino successivo.  (Continua).

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In diverse scuole, nel corso di un sopralluogo, sono stati da me rilevati alcuni muri lesionati, come nella scuola dell’infanzia di Via Pasubio e soprattutto in tre aule della primaria di Via Col di Lana la cui costruzione risale a prima degli anni ’70 quando le tecniche di costruzione erano altre. All’epoca nessuno aveva ancora previsto un qualsiasi rischio-terremoto nella nostra zona di palude/pianura pontina e si era così piuttosto economi, se non avari, nell’uso del ferro-cemento. Le recenti scosse, come tutto ciò che è nuovo e sconosciuto, hanno creato un vero allarme e fatto insorgere ansie nelle viscere della gente. Se non c’è ancora uno stato diffuso, neanche emotivo, di emergenza, c’è tuttavia la paura per qualcosa di non ben conosciuto nelle sue prospettive future. E l’ignoto di per sé innesca sempre e da sempre nell’animo della gente qualche meccanismo di paura, in questo caso per fenomeni di sprofondamento. La paura di qualche “sinkhole” (vedi breve filmato esplicativo: 2′.14“), voragine, “pozzo” profondo che prima o poi possa aprirsi da qualche parte  nel terreno di Tor Tre Ponti come del resto già successo un paio d’anni fa, a qualche chilometro di distanza, a Doganella…

Ma non si sono registrati, fortunatamente, feriti nei Pronto Soccorso degli Ospedali né danni materiali di irreparabile entità. In città molte persone però, nel timore del peggio, ed è la seconda volta che questo accade in meno di un anno, hanno preferito trascorrere la loro notte in bianco. Molte persone, malgrado il gelo acuto, si sono subito riversate per le strade, quasi a farsi coraggio l’un l’altro. Dal sesto piano di una casa “con la testa fra le nuvole e senza piedi per terra” dove abito, distante neanche tre chilometri dall’epicentro, abbiamo sentito un botto violentissimo, come mai in precedenza, e contemporaneamente sentito sobbalzare il pavimento del salone sotto i nostri piedi e visto muoversi gli oggetti. Sono trascorsi attimi di puro terrore a tentare di capire, istantaneamente a pensare a come mettersi in salvo. In questi casi scale e ascensore sono sconsigliati,  vietati addirittura. Da ingabbiati in casa non ci restava che la protezione di una grossa trave di cemento armato e sperare nella buona sorte. Questa è la scossa più forte dal luglio scorso quando a Latina se ne registrò un’altra di analoga magnitudo. Poi altre ritenute di assestamento ma era solo il prologo di una serie di inspiegabili movimenti tellurici il cui epilogo ci è del tutto ignoto. Ho sentito sismologi parlare di una faglia profonda, di una frattura con caduta, già a luglio, di imponenti materiali rocciosi alla profondità di 7,8 km., ora questa frattura sembrerebbe risalita fino a 6,9 Km. per 900 metri di spessore. Un dubbio tremebondo ci assale: la frana, se di questo si tratta, si fermerà in questo status quo (ante) oppure proseguirà dinamicamente il suo percorso verso l’alto, magari fino a provocare un giorno, chissà quanto lontano, una paurosa depressione o un’immensa voragine a sfioro sulla crosta che potrebbe inghiottirci tutti? Accadrà questo e, se accadrà, quando potrebbe accadere? Siamo in qualche pericolo o possiamo dirci tranquilli? Tranquilli come siamo stati in tutti gli ottant’anni anni della recente storia pontina precedente, storia di palude e di bonifica, di una spugna naturale come la falda freatica che sembrava fatta a posta per assorbire ogni oscillazione. Mai nessuno ho sentito parlare prima di rischio terremoto da noi, forse perché mancava ancora una letteratura specifica, una Cronica anche antica e medievale del fenomeno, sia pure nella vicina Sezze. Inesistente anche una tradizione orale nell’aneddotica e nella proverbistica. Forse la non consapevolezza senso-percettiva e scientifica del fenomeno dipende anche da questo vuoto di croniche, studi, rilevazione e dati. Le zone più prossime interessate al fenomeno tellurico, pure di bassa entità, si facevano sempre riferire ai Castelli Romani, ad una faglia secondaria, classificata come poco importante, che si dirama verso Anzio. Ma in natura niente è mai da sottovalutare seppure Latina, fino a dieci anni fa, sia stata ritenuta esente da possibili disastri sismici. Eppure dal 2006 (con Ordinanza PCM n. 3519 del 28 aprile, All. 1b) l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia ha provveduto ad inserirla ai limiti inferiori della terza fascia di rischio, esattamente al posto III/XII della Mappa di pericolosità sismica del territorio nazionale e nel 2009 l’ENEA a riclassificarla in zona sismica 3A. Dovremmo dirci fortunati e grati alla terra, nel pontino più madre che matrigna, pensando a tutti i disastri di diversa tipologia che si sono funestamente abbattuti sull’Italia nei mesi scorsi. Ma nati sotto una buona stella al punto di poter noi continuare a dormire sonni tranquilli? In quei brevissimi, eppure interminabili, attimi di fronte all’imponderabile e all’ingovernabile forza della natura, ci siamo sentiti tutti piccoli e persi, ma anche poi, chissà perché, più sinceri e solidali tra noi. © – Sergio Andreatta, Riproduzione riservata, 19.02.2012.

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