25th Ago, 2007

Al Santuario del Canneto per la nostalgia dello spirito

Dal 18 al 22 agosto sono arrivati migliaia di pellegrini da tutto il mondo. A piedi, da soli o in Compagnia, attraverso i millenari sentieri tra i boschi di Picinisco e dal ripristinato antico sentiero di Settefrati. Anche il vescovo di Sora, mons. Luca Brandolini, ad attendere l’arrivo della mula…
 L’esito scontato e alla fine confortante, fu quasi plebiscitario per l’intraprendente arciprete di Settefrati, Pietrafitta, nonché ora anche abate di Picinisco, oltre che rettore del Santuario della Madonna di Canneto.
E così quest’anno, dopo circa mezzo secolo, a seguito di questo plebiscito popolare, è stata ripristinata l’antica tradizione: nella mattinata del 18 agosto scorso, la statua della Vergine Maria, pellegrina muovendo dalla chiesa parrocchiale di Settefrati (ma non l’originale ligneo della Madonna bruna, come alcuni erroneamente continuano ancora a credere, permanentemente custodito nell’abside del Santuario stesso), è tornata ad essere portata a spalle, in solenne processione, lungo gli antichi sentieri montani, fino al nuovo Santuario, ristrutturazione di quello antico, che sorge presso le sorgenti del Melfa. Il primo Santuario cristiano, come normalmente accadeva a partire dal V secolo d.C., era sorto rusticamente nel XII secolo sulle fondamenta del preesistente tempio del V sec.a.C. dedicato alla sannitica dea Mefiti, secondo alcuni archeologi, e alla volsca Mater Matuta, secondo altri. Raggiante di luce la Madonna, otto secoli fa era apparsa, come narra una leggenda, ad una sorpresa e smarrita pastorella chiedendole di scendere a Valle, di parlare al sacerdote, di chiedergli l’innalzamento di una chiesa. Ogni buona tradizione, come hanno scientificamente documentato nel loro libro due noti antropologi inglesi (Hobsbawm EJ, Ranger T., L’ invenzione della tradizione) ha sempre avuto bisogno del motore di un inventore. Fatto sta che la pastorella alle parole della Vergine:”Tu va e fa quello che ti ho detto, che all’acqua ci penso io”, alla fine si convinse, abbandonò le sue pecore che già si incamminavano in teoria per il piano dove erano diretto a bere, mentre la Vergine apparsale toccò lievemente con le dita la rupe ai piedi del grande masso ed ecco che, a quel tocco, iniziò miracolosamente a zampillare un’acqua limpidissima e dissetante per il gregge. L’acqua chiara, dolce e fresca del fiume Melfa. Qualche domenica prima, don Antonio Molle, mi aveva anche simpaticamente invitato (l’anno scorso avevo raccontato per Telefree della sua singolare iniziativa referendaria), a partecipare alla riapertura dell’antico sentiero col taglio dell’erba a falcetto e decespugliatore. Non avevo accettato ma ora ero lì. E’ un abate giovane (trentacinquenne), questo sacerdote diocesano, aperto, preparato e disponibile come non ce n’erano stati più da cinquant’anni a questa parte a Picinisco. La mattina del 18 agosto ad aspettare l’arrivo della processione, partita tre ore e mezzo prima da Santa Maria delle Grazie, al valico ai piedi di un suggestivo masso c’era lo stesso vescovo di Sora mons. Luca Brandolini (foto di Sergio Andreatta) insieme a parte del suo staff clericale, alle troupes della televisione, ad una moltitudine sterminata di fedeli e curiosi delle prime Compagnie di pellegrini nel frattempo sopraggiunte a piedi da paesi lontani. E c’ero anch’io arrivato dalla limitrofa Picinisco. In attesa che alla testa della lunga teoria comparisse dall’alto del sentiero pietroso in mezzo ai boschi la sagoma della ritardante mula sul cui dorso era adagiato don Antonio Molle (foto di Sergio Andreatta), ho potuto abboccarmi e scambiare qualche non veloce impressione con il vescovo, un pastore molto ben voluto e stimato dal suo popolo. Nelle sue parole ho avvertito e colto una preoccupazione discreta in ordine al movimento di rientro del rito tridentino. Gli ho, così, brevemente raccontato di quando, all’apertura del Concilio Vaticano II, mi ero trovato nel fatto buio di Piazza S. Pietro con la torcia accesa in mano proprio sotto il balcone di Giovanni XXIII che esortava all’amore e sotto i riflessi di una luna sorridente e bonaria consegnava, da portare a casa ai bambini, la dolcezza di una sua carezza personale. Linguaggio e sentimenti mai percepiti prima con altri papi… Ricordo che altre volte il vescovo Brandolini per spiegare l’accostamento pellegrino a questo Santuario di Canneto aveva parlato di: “nostalgia dell’anima. Dell’esigenza forte, cioè, di un recupero di valori perduti o affievoliti che hanno lasciato un vuoto pauroso e rendono la vita, come dice un salmo, una “terra deserta, arida e senz’acqua”. Aveva parlato anche dell’ “imperioso desiderio di fermarsi per uscire dal vortice o dal grigiore quotidiano, dalla confusione delle molte parole con cui i mezzi della comunicazione e la frequentazione di persone insulse spesso ci disorientano. Di bisogno di uscire dalla solitudine e dall’anonimato per riscoprire la bellezza del silenzio, dello stupore di fronte alle meraviglie del creato”. E per meraviglie naturali questa Valle di Comino mi appare assolutamente privilegiata, “piena di grazie”, dalle alte vette delle Mainarde alle acque nivee e pure del Melfa, all’instabile stabilità delle impressionanti bianche rocce. Ma ora la scena si anima all’improvviso: arrivano gli antesignani, mantellati di rosso, della antica Confraternita di Settefrati, compare all’improvviso la mula in una ripida discesa che non può non mettere i brividi addosso al prete non si sa se coraggioso o incauto. Per fortuna questo dignitoso ronzino non è a briglia sciolta ma è guidato alle redini dalla mano prudente di un uomo capace di mantenerlo mansueto anche tra gli argini della folla di pellegrini che al suo passaggio si assiepa fino a premergli la pancia. “Evviva Maria!” “Evviva Maria!!”… “Nell’ermo Canneto / un popolo lieto: / “Evviva!”, gridò.” In alto ora i “segni” (signa peregrinationis) che permettono ad ogni Compagnia di pellegrini di essere identificata: lo stendardo della Madonna con impresso il nome del paese e della parrocchia di provenienza, i fazzoletti al collo, i berretti stampati sul capo. E c’è tra le mani di molti una sorta di “bordone”, un bastone dalla punta metallica, o fatto lì per lì alla meglio con un coltellino per esigenze di viaggio, che aiuta nel cammino tra i boschi e può essere usato anche come arma di difesa contro eventuali lupi e orsi del Parco (P.N.A.L.M.), mentre la bisaccia che anticamente rimandava simbolicamente ai “principi di carità e povertà” è oggi sostituita da variopinti, tecnologici e più portabili zainetti alla moda.
Il Santuario ora si anima all’inverosimile, si riempie più di un uovo di persone per lo più anziane, per lo più donne, per lo più semplici. La processione a fatica entra dentro, la statua della Madonna scende lentamente dalle spalle dei coordinati portatori e viene posta su un piedistallo di legno. “Evviva Maria!”, “”Evviva Maria!!” E’ mezzogiorno e il pontificale del Vescovo può solennemente avere inizio. Dopo un po’ la Madonna di Settefrati si congeda dall’assemblea, lasciando il suo trono provvisorio in questa grande e moderna abside di vetro che guarda verso le elevate cime dolomitiche della Meta per andare in sacrestia a riposarsi dalle fatiche del suo aspro viaggio tra i sassi. Rimane così sola, alla venerazione di tutti i campanili, di tutte le compagnie venute e di quelle che ancora più numerose vi approderanno fino al 22, unica e inconfondibile per tutti senza la parzialità della distinzione e della contesa paesana d’altri tempi (es., antica e quasi inveterata tra Settefrati e Picinisco), l’unica statua di legno di tiglio (d’ulivo quella del bambinello in braccio) della Madonna bruna di Canneto. Ma intanto le fiorenti attività commerciali nei gazebo della mecca sottostante il Santuario hanno cominciato a concludere i loro primi buoni affari di ogni genere. Ben addestrati a mendicare i tenerissimi zingarelli strategicamente piazzati ad ogni porta tra le rocce dei sentieri che salgono al sagrato oggi faticheranno meno del solito per commuovere la gente e indurla a riempire, con mal riposta generosità, le loro ciotole di tintinnanti monete.

Commenti

Sempre articoli interessanti e mai banali. Andato in pensione dalla scuola potrà dedicarsi a tempo pieno al giornalismo. So che ha avuto alcune proposte di ingaggio. Auguri.

Complimenti. Riflessioni e buona scrittura

Grazie. Un’esperienza che riservo per me.

Ars longa, vita brevis….

Più che ars, religio… intendi?

It takes a long time to grow young.
Pablo Picasso

Al Canneto si allargano i polmoni dello spirito.

Queste processioni ancora nel 2010? Ma è vera fede o soltanto tradizione, cioè abitudine del villaggio?

Processioni, processioni e processioni… Come pecore matte mettiamoci ancora tutti in fila a seguire le favolistiche invenzioni dell’inventata tradizione sociale, a seguire il capo, quel Berlusconi che, più si va vanti, più si capisce realmente chi sia. E voi, a Picinisco, gli aprite pure la sezione in piazza… Pensateci.

Camminare, procedere verso…, dal fisico al metafisico.

Una giornata d’utunno tra Gallianaro e Canneto:-)

A volte solo turismo povero di poche ore, più che religione anche spicciola. 😉

Muoversi per valli e santuari reconditi, specie in estate. Una ventata di spiritualità.

Dal 15 settembre questo ottimo vescovo (Luca Brandolini) è diventato emerito, cioè è andato in pensione. Ha lasciato un buon ricordo di sè.

Ho letto volentieri. 😉

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