16th Gen, 2014

Sergio Andreatta, CAMILLA, Cinquant’anni di missione, 2014

 

Madre Camilla Andreatta, Hogar Campesino, Esmeraldas, Ecuador (Foto copertina del libro: Sergio Andreatta, CAMILLA, Una Missionaria (ppgg. 170, 16 Cap., 2014)

Madre Camilla Andreatta, Hogar Campesino, Esmeraldas. Foto copertina del libro: Sergio Andreatta, CAMILLA, Cinquant’anni di Missione, 2014.

 

Sergio Andreatta, CAMILLA, Cinquant’anni di Missione, 2014.

PREFAZIONE di P. Giulio Albanese

direttore della Rivista Popoli e Missione

*

(Pubblicazione nei tempi tecnici editoriali, estate 2014)

Anteprima

C’è un papa, dalla parte dei poveri, venuto dalla periferia del mondo a scuotere le fondamenta di una cristianità che, nel mondo occidentale, si era un pò cristallizzata sulla deviazione dei privilegi, più che sulla essenzialità del messaggio evangelico e sulla condivisione dei suoi valori primigeni. Tra tante piccole anime grigie trascinate dalla caduta dei tempi e dei principi, a contrasto del fatalismo, si muovono, e non da oggi, per le vie del mondo i Missionari. Da 140 anni i Comboniani condividono le miserie degli ultimi tentando di risollevarli con le loro buone azioni. Un vangelo vissuto più che solo proclamato. E’ la Chiesa Missionaria.

Madre-Camilla-Andreatta-2014

Bertilla (Camilla) Andreatta, missionaria comboniana, nasce in un Borgo dell’Agro Pontino, il 16.12.1939 da genitori veneti della Marca Trevigiana, pionieri della Bonifica integrale pontina. Vive i suoi primi ventitré anni nel podere 769 dell’ O.N.C. dove, appena qualche giorno dopo lo sbarco di Anzio, si era insediato il Comando Alleato. Suo padre è un versatile imprenditore e suona per passione diversi strumenti musicali. Lei ama il canto e il ballo e appartarsi in un cantone della casa colonica per le sue letture. Fin da piccola frequenta con assiduità le attività della Chiesa di S. Francesco d’Assisi, partecipa all’Azione Cattolica fino a diventarne, per la qualità dell’impegno, la presidente. A sedici anni e mezzo la tragedia, la famiglia è sbalestrata dalla morte del padre Giulio Camillo per una misteriosa caduta dalla moto mentre si reca alla seduta del Consiglio Comunale di Latina. La disgrazia sovverte i destini della famiglia: Fanny s’incista nel suo dramma fino ad ammalarsi, le spalle di Bertilla non reggono il fardello piombatole addosso, Ambrogio è costretto a lasciare gli studi e a mettersi a lavorare, il piccolo Sergio dopo le elementari viene mandato a studiare in collegio dai preti. Intanto a Borgo Bainsizza viene terminata la costruzione della scuola materna che il Comune affida in gestione alle Suore Francescane del S. Cuore. Nella civiltà contadina degli anni ’60, queste favoriscono l’emancipazione della donna e con le loro attività esercitano un grande fascino sulle adolescenti locali, tanto che ben sei amiche di Bertilla, una dietro l’altra e forse suggestionandosi a vicenda, entrano in convento e così anche lei si ritrova indecisa su quale indirizzo dare alla sua vita. L’elaborazione del lutto paterno la induce via via a pensare a qualcosa di meno effimero della mera quotidianità e a rivolgere i suoi pensieri a Dio-sicurezza. Sono i semi, ancora indistinti e contraddittori, di una insorgente vocazione religiosa. Sperimenta il fidanzamento e il lavoro in fabbrica ad Aprilia ma entra in profonda crisi esistenziale durante una malattia e comincia a pensare di farsi missionaria. Prende contatti con Sr. Gabriella, una comboniana del lebbrosario di Alito in Uganda, conosciuta casualmente per un servizio di Famiglia Cristiana, che la convince a sondarsi più a fondo e a partire per il postulandato di Verona delle Pie Madri della Nigrizia. La congregazione era stata fondata nel 1872 da Daniele Comboni con l’idea di rigenerare e “Salvare l’Africa con l’Africa”. Seguono gli anni della formazione e, quindi, la professione religiosa il 29.09.1965 durante la quale, in memoria del padre, assume il nome di Camilla. Dopo qualche anno di studio, i primi quattro di missione sugli Altipiani dell’Eritrea, dove insegna al Santa Famiglia di Asmara e non appena può va a propagandare la fede tra le tribù indigene. Atterra in Ecuador la prima volta nel 1972. Qui continua, ancora oggi e malgrado l’età, a lavorare con buona lena. Salvo due parentesi, la prima a Città del Messico, per quattro anni dirigente della delegazione, e la seconda a Roma per otto, come procuratrice generale, opera con continuità nella sua terra di elezione, l’Ecuador. Lavora con grande impegno in varie missioni, dall’isola di Limones nel Pacifico, a Sigchos sulle Ande del Cotopaxi, a San Lorenzo del Pailon sulla Costa e, ormai da tanti anni con continuità, nella missione di Esmeraldas nel campo dell’educazione (prima donna responsabile della pastorale educativa del Vicariato apostolico) e della sanità (direzione del Centro medico-assistenziale M. Anastasia). Porta avanti numerosi progetti di promozione umana, di sviluppo della condizione femminile, di sostegno all’educazione dei niňos e di assistenza ai malati. Nel suo impegno è sostenuta da una estesa rete di solidarietà di tanti italiani che la patrocinano nei progetti Educamy, Hogar Campesino, Vaso rotto e altri. In questo libro, quasi un romanzo biografico di 300 ppgg.*, c’è la sua storia non lineare ma interiormente sempre combattuta, perché la semplice linearità non esiste nei fatti o se esiste è solo un artificio. La verità spirituale cammina sempre verticalmente, orizzontalmente invece la verosimiglianza degli scenari descritti. Le situazioni sono vere, le persone in carne e ossa, i curiosi aneddoti tanti. Siamo sulla costa del Pacifico in Ecuador, al confine settentrionale con la Colombia, in mezzo a un crogiolo di etnie, di culture e di problemi. Qui la povertà è sottosviluppo, fame, analfabetismo, malattia e morte, spesso conseguente ad atti di violenza criminale. L’etnia prevalente è quella degli afrodiscendenti per cui a buon diritto, credo, ho denominato Esmeraldas “cuore d’Africa”. La storia vuole che cinque secoli fa i progenitori approdassero su questa costa, nei pressi della foce dell’omonimo fiume, su un galeone spagnolo andato in avaria. Con un colpo di mano gli schiavizzati spezzarono le catene dei  negrieri. In fuga si addentrarono nella foresta sfuggendo così alla grettezza di quelle mani che li avevano abbrancati e svelti dai loro affetti nativi africani, fieri di riguadagnarsi la libertà e moltiplicandosi di generazione in generazione fino a diventare un popolo. Nessuno di noi ha la capacità di rivoluzionare un mondo da solo, ma ognuno può tentare di migliorarlo un po’ con le sue azioni, ed è quello che ha tentato di fare Madre Camilla nel piccolo mondo di Esmeraldas.

Sergio Andreatta

* Sergio Andreatta, CAMILLA, Cinquant’anni di Missione, Edizione 2014. Prefazione di P. Giulio Albanese.

(Uscita prevista: estate 2014).

Madre Camilla è rientrata in Ecuador  venerdì 17 gennaio con un volo Iberia. E dopo alcuni giorni di sosta a Quito ha già raggiunto i morenitos della sua Missione di Esmeraldas. 

 

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