22nd Ago, 2008

Picinisco. I giorni delle processioni

 

 

 

 

 

 I giorni delle processioni.             

di Sergio Andreatta (articolo e foto)

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Dal 10 al 20 agosto cinque processioni in dieci giorni, un vero record. Le cromatiche statue dei santi Lorenzo, Rocco e della Vergine sfilano alte, in trionfo per le vie del paese e fuori, fino alla più antica picinisco-processione-san-lorenzo-2008-fto-sergio-andreatta.bmp

badia di S.Maria al cimitero. Alle preghiere salmodiate dall’abate, il parroco don Antonio Molle, e agli inni filanti innalzati dal popolo piciniscano succede l’intermittenza delle sonorità della banda di turno che precede, motivi di riconosciuto tono religioso ma anche agili marcette e qualche tema da film che si intercala in un gustoso sandwich di sacro e profano. Ma le processioni, che sono una delle caratteristiche religiose che marcano manifestamente questo territorio di confine, non sono soltanto della comunità di Picinisco. Sarà perché nella Valle di Comino sorgono alcuni dei più antichi santuari che già da secoli calamitano folte teorie popolari, come quello della Madonna di Canneto (XIII sec.) in comune di Settefrati o di San Gerardo (VII sec.) a Gallinaro e qui, nello stesso sito, senza farsi trascinare intenzionalmente nel mercato dei misteri, anche del contemporaneo Gesù Bambino (XX sec.) della demiurga Giuseppina Norcia. Contigua è la “Valle dei Santi” (Benedetto, Tommaso d’Aquino) con altri santuari, perfino più illustri, che trapuntano qua e là questa micro-regione, da quello nei modi cistercensi della Badia di San Domenico (X-XI sec.) edificato nei dintorni di Sora con le pietre di una domus culta di Cicerone alla culla benedettina dell’”ora et labora” dell’Abbazia di Montecassino (VI sec.). Sono luoghi di culto, in alcuni casi preesistenti allo stesso cristianesimo (es. la Cattedrale di Sora è sorta sull’area di un tempio romano del IV sec. a.C.), legati ad una presenza religiosa primordiale nel luogo stesso, presenza sacra a volte solo intuita, a volte nota per essersi manifestata in qualche modo (teofanìa) o consistente nella semplice venerata conservazione / custodia delle reliquie di un santo. Il santuario, centro di devozione, si consolida come tale da una generazione all’altra legandosi in un’indissolubile tradizione al suo particolare luogo originario, così il Canneto, che pure rientra in una particolare tipologia classica di santuari, alla sua valle perchè luogo particolarmente impreziosito dalla sacralità delle acque sorgive del fiume Melfa (per similarità mi viene in mente l’icona di un Umberto Bossi, “gran sacerdote celtico”, che in cerca dei maggiori consensi e delle saldature garantite dalla “religione”,(dove  “religio” = legame), sale annualmente ai 2.020 m. del Pian del Re, sul Monviso, per una coreografica celebrazione rituale della sacralità delle sorgenti del Po). Al Canneto l’antico santuario sannita-volsco era dedicato alla dea Mefiti (donde deriverebbe il nome del fiume e l’aggettivo “mefitico”) e alla Mater Matuta protettrice della fecondità e del parto, ancora prima che all’analoga figura femminile cristiana della Madonna. Non un tempio/chiesa, questo, che può sorgere ovunque e ha necessità della consacrazione canonica dell’autorità episcopale né un luogo sacro naturale (grotta, bosco sacro di Diana ad Atina o lucus di Diana nemorense a Nemi, ecc.) ma “santuario” per una prorompente fenomenologia misterica propria, ricca di segni e di significati studiati e decifrati con interesse dagli antropologi. L’officio del culto su un altare su cui si svolgono, oggi come ieri a prescindere dalla religione, le funzioni proprie intorno ad un’area sacra, delimitata fisicamente, e le offerte lasciate dai fedeli rappresentano ancora oggi gli elementi necessari e caratteristici di ogni santuario. Qui si custodisce un’immagine della divinità, in qualche modo misteriosamente apparsa in un certo momento (all’origine) della particolare storia, che testimonia a volte tramite la fisicità di un demiurgo-interprete il sorgere di una tradizione che qualcuno, come due tra i più autorevoli studiosi inglesi di antropologia culturale ( E.J. Hobsbawm e T. Ranger), ha voluto definire in una significativa opera con le parole-titolo di “invenzione della tradizione”. Come già nella civiltà egizia, greca o ebraica anche il santuario cristiano ha dimensioni tipologicamente diverse, a seconda delle funzioni e della sua importanza sociale (mentre il “tempio” si qualifica nella funzione di “casa del dio“, di ricovero (“tabernacolo”, piccola “taberna”-taverna) per la sua immagine. Presso noi cattolici i santuari principali, quasi sempre, sono quelli dedicati alla Madonna, madre di Dio con suggestivo richiamo alla madre di tutti e di ognuno, che riveste un carattere universale, (come l’egizia Iside, dea della Terra e della Luna, che rappresentava il principio generatore femminile nella natura), essendo la maternità  picinisco-processione-madonna-2008-fto-sergio-andreatta.JPG

riconosciuta senza distinzioni come valore perpetuante da tutte le comunità, da tutti gli individui come erano riconosciuti e frequentati da tutti i greci i santuari sopranazionali, panellenici di Zeus ad Olimpia, di Apollo a Delfi e di Poseidone ad Isthmia, presso Corinto. Oltre a essere pulsanti centri religiosi, i santuari ebbero, ed hanno tuttora, un riconosciuto peso civile e politico, i principali anche a livello internazionale (Ad esempio, Assisi e la vicina Cassino, per il loro forte richiamo alla pace) e nei rapporti fra le varie comunità e nazionalità. Ma questo accadeva anche tra i greci, ad esempio ad Olimpia, dove (ma quant’è diverso, pensando al Tibet, lo spirito delle Olimpiadi che si stanno svolgendo in questi giorni a Pechino!) con cadenza poliennale, due o quattro anni, vi si svolgevano i giochi delle Olimpiadi che riunivano atleti e fedeli di tutte le multietniche pòlis. E durante il loro svolgimento venivano interrotte le guerre in corso, mentre durante le Olimpiadi moderne i tibetani, che reclamano la loro libertà, vengono ancora repressi e brutalizzati con la forza secondo il Dalai Lama e gli stessi cinesi, che protestano per i più elementari diritti civili o per un’ingiustizia appena subita come le due vecchiette ingiustamente sfrattate, sono condannati al carcere. Le due vecchiette alla condanna di un anno, secondo le agenzie di stampa internazionali… E come durante le Olimpiadi antiche anche durante la ritualità religiosa diffusa degli italici Saturnali, una festa che iniziava il 17 dicembre di ogni anno e che durava diverse giornate, nell’antica Val di Comino ad Atina (“pòtens” per Virgilio) in onore del patrono dio Saturno (sul cui tempio dal XI sec. iniziarono i lavori di costruzione della Cattedrale di Santa Maria Assunta) veniva ripristinata una sorta di età dell’oro, in cui tutte le attività erano sospese e le esecuzioni e le operazioni militari rinviate ed era accordata la libertà agli schiavi, che sedevano a tavola al posto d’onore ed erano serviti dai loro padroni… Esistono poi, come esistevano anche nell’antichità, pratiche religiose solo locali e santuari a carattere regionale, come potrebbero venire identificati oggi quello della nostra vicina Madonna del Canneto o della Ss.ma Trinità di Vallepietra, che attirano pellegrini da località diverse, tra loro viciniori. Per il Canneto dai paesi dei tre confini regionali del Lazio, Abruzzo e Molise. E così per il centro di Picinisco da sette secoli, ricalcando la tradizione dei flussi pagani precedenti, quasi a chiusura delle celebrazione per le “feriae Augusti”(inaugurate la prima volta a Roma sull’Ara Pacis da Cesare Augusto, sommo pontefice e imperatore) e di una stagione climatica che inizia a dar segni di cedimento,

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transitano a piedi il 20 di agosto di ogni anno migliaia e migliaia di pellegrini laziali, raggruppati in Compagnie ben organizzate guidate da un loro capitano. Nelle due file in ascesa tutti cantano ora, accompagnati da trombe e organetti, una comune e ripetuta canzone:“Evviva, Maria / dell’ermo Canneto, / un popolo lieto / “Maria” gridò!”che fino a qualche anno fa, prima della omogeneizzata e appiattita traduzione in italiano di mons. Dionigi Antonelli rettore del santuario, presentava una pluralità di interessanti variazioni vernacolari. Queste migliaia di pellegrini, una volta giunte a Picinisco, romperanno l’ordine e si accamperanno per una notte al Parco Montano, nei cortili delle case, sotto gli archi e nei vicoli medioevali del paese. E i più giovani si daranno ad una notte di libertà dionisiaca (nell’alternanza dei momenti di dionisìaco/apollìneo) prima di qualche ora di riposo e di intraprendere, in ora antelucana intorno alle quattro del mattino, il loro percorso purificatorio attraverso gli umidi boschi della Valle Romana (var-romana) sul cui fondo scorre al contrario il fiume Melfa. E mentre si accostano lentamente al santuario con un cammino finale di tre ore, dopo quello precedente di due-tre giorni, diventano Compagnie chiassose, più che oranti e penitenti, forse per la presenza di tanti giovani, alcuni dei quali soltanto in cerca di avventure anche dissacratorie e di un’occasione giusta per un innamoramento, magari a… colpo di fulmine, magari effimero. Nelle generazioni passate questo pellegrinaggio di molti giorni fuori-casa, con le molteplici soste delle Compagnie lungo l’itinerario, poteva diventare una delle poche occasioni pronube per i giovani dei diversi paesi. Una rara occasione di integrazione per le gioventù dei diversi campanili. Ora le cose molto cambiate e la libertà assoluta di cui godono porta una minoranza di giovani a furori libertini diffusi, più latenti e socialmente controllati al loro paese. Quasi seguaci del primo lemma soltanto del pensiero di Martin Lutero:“Pecca fortiter sed crede fortius”… Al Canneto i pellegrini troveranno, oltre alla discutibile architettura del nuovo santuario più ricettivo e capiente (bella, però, l’abside vetrata sugli smeraldi boscosi delle Mainarde!), non più soltanto i modesti portici ferdinandei dove in caso di poggia potevano sostare nei secoli passati ma una moderna “Casa del pellegrino” dove possono alloggiare e perfino, volendo, trattenersi qualche giorno nel confort di una vacanza. La maggiore attenzione all’organizzazione architettonica con inserimento scenografico del santuario sulla quinta del paesaggio del Parco nazionale (P.N.A.L.M.) e ritualistico-funzionale, che replica attenzioni note e già usate a partire dall’epoca ellenistica, affascina e promuove suggestivamente in tutti il desiderio di fermarsi o di tornare. Dopo Lindos (Rodi) e Kos in Grecia dove per prima fu praticata questa strategia ubicativa e architettonica del santuario, essa venne importata anche in Italia, tra l’altro a Palestrina (RM) per il santuario oracolare della Fortuna Primigenia, la cui notorietà si protrasse ben oltre l’avvento del cristianesimo sino al IV secolo d.C., e nella vicina Terracina (LT), per il tempio di Giove Anxur, o a Le Ferriere (LT) per il santuario della Mater Matuta (Satricum) fino ad essere abitualmente mutuata nei secoli successivi dalla religione cristiana. La pratica del pellegrinaggio (“peregrinatio) per grazia ricevuta o da perorare e ricevere partita da lontano è arrivata ormai al mero esercizio turistico a buon mercato. Ma l’usanza del pellegrinaggio, per lo più individuale, era già divenuta una consuetudine per Gerusalemme con l’editto di Costantino del 313 d.C. Successivamente la diffusione del culto dei Santi Pietro e Paolo, martirizzati a Roma, fece della ex-capitale dell’impero (“caput mundi”) la “sancta urbs”, la città santa cui si giungeva dal nord percorrendo nel medioevo la famosa Via Francigena un altro luogo eletto di pellegrinaggio devozionale, culminato nel pellegrinaggio giubilare del 1300 quando si misero in moto tanti “viatores” anche illustri. Con il percorso e la visita delle sette basiliche i viandanti potevano straordinariamente, e abbastanza a buon mercato, lavarsi la coscienza dei loro misfatti andando a lucrare la prima indulgenza plenaria della storia concessa dal Caetani papa Bonifacio VIII. E questa storia di sconti spirituali (“saldi” si direbbe oggi) si reitera in piccolo, ora, anche a Picinisco dove per un anno, accedendo alla chiesa collegiata di San Lorenzo L. e M. per il XXXV giubileo straordinario laurenziano (258 d.C. – 2008), si otterrà la remissione totale o parziale dinanzi a Dio dei propri peccati per indulgente concessione e intercessione dell’autorità ecclesiastica. Status che si può conseguire per l’anima propria, ma anche (e, forse, questo non lo si sa) per quella dei propri defunti. Naturalmente il discorso varrà soltanto per chi, compromettendosi in un’importante scommessa personale, “le pari”come ebbe a dire nel suo dubbioso pensiero Blaise Pascal (Pensieri), avrà deciso di crederci veramente. E non so, quindi, se anche per chi, per una sorta di “carpe diem” della spiritualità, soltanto opportunisticamente abbia deciso di coglierne l’occasione. © – Sergio Andreatta, antropologo. Picinisco 21.08.2008.

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Commenti

Un articolo denso, da studioso, ricco di spunti di riflessione, che tutti i piciniscani dovrebbero leggere. Ma è improbabile che lo leggano!… Grazie, professor Andreatta, per aver colto nei suoi numerosi articoli alcuni aspetti del nostro paese mai sottolineati in precedenza da altri. Se ne potrebbe ricavare un libro, chissà.

Grazie per l’apprezzamento. E che mi piace osservare tutto(anche se non sembra),annotare mentalmente, rifletterci sopra, scrivere per il piacere di farlo, anche sapendo di saperlo fare. Grazie sinceramente, senza presunzioni. Sergio Andreatta

he is a good writer, sergio andreatta

Al santuario solo per un pik-nick.

In quell’angolo di valle si respira un’intensa spiritualità.

le processioni sembrano scandire la nostra storia meglio di altri eventi.

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